Il fiore riportato nella foto spuntava insieme a centinaia di suoi simili nei prati che costeggiano la mulattiera che dalla stazione della funivia di Barzio porta alla località Nava. Questa pianta erbacea fiorisce in particolare nella tarda estate o nel primo autunno e i suoi delicati petali rosacei, ma spesso anche azzurro viola, popolano numerosi gli spazi erbosi della valle. Si tratta di un fiore famoso e conosciuto fin dalla più remota antichità. Il primo a parlarne è stato Dioscoride Pedanio, nel primo secolo dopo Cristo, in un’opera intitolata “De materia medica” nella quale il botanico e medico originario dell’Asia minore, rilevava le proprietà (soprattutto tossiche) del Colchicum autunmale.
L’appellativo generico, imposto more solito da Linneo, deriva dal greco antico kolchikòn, la cui etimologia trae origine probabilmente dalla Colchide, regione caucasica sulle sponde del Mar Nero, regno di Eeta figlio del dio Sole e teatro delle gesta mitiche di Giasone e degli Argonauti. Il nome specifico fa ovvio riferimento al fatto che si tratta di un fiore autunnale. Ma fate attenzione: è facile confondere il Colchicum con un’essenza molto simile, il Crocus sativus da quale si ricava lo zafferano, che spunta all’inizio della primavera. Per questa somiglianza il Colchicum viene anche chiamato “falso zafferano”. La sua tossicità (che può produrre effetti mortali) è dovuta alla presenza di un alcaloide, la Colchicina, contenuto nei semi e nel bulbo.
Ma questa essenza vegetale possiede anche qualità positive. Viene infatti impiegata in medicina, a dosi bassissime, come antitumorale proprio grazie alla Colchicina. Pare anche che il Falso zafferano possieda proprietà analgesiche e antipiretiche. La medicina tradizionale riteneva che un composto ottenuto mescolando succo del bulbo e salnitro potesse curare artrite e gotta. Però se avete mal di testa e un po’ di febbre, lasciate perdere il Colchicum e, dopo aver preso un paio di aspirine, consultate il medico.