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L'ERBA DEL RE DI FRANCIA

Martedì, 18 Ottobre 2022 07:05 Scritto da  Elio Spada

Non sono pochi quelli che ne vanno ghiotti. Massime in Valsassina, ma non solo. Si tratta di un’erba alpestre conosciuta un po’ in tutto il mondo nelle zone temperate. La foto vi avrà già fatto capire che stiamo parlando del Chenopodium album e delle sue numerosissime varietà. Più noto come spinacio selvatico, dalle nostre parti lo declinano in “cúgoi”. L’esemplare riportato nell’immagine è stato raccolto, insieme a molti altri, nel settembre scorso nei pressi delle baite di Biandino, dove “l’erba farinella,” che cresce fino ad oltre 2000 metri, prolifera per tutta la stagione estiva anche grazie alla concimazione, ricca di sostanze azotate, prodotta naturalmente dal bestiame in alpeggio. Il primo termine dell’appellativo scientifico deriva dal greco ed è composto dal radicale onomastico “chen” (in greco antico χην) “oca” e “podium” (in greco antico ποδός) col significato di “piede” o anche “zampa” a causa della somiglianza fra le foglie della pianta erbacea e gli arti inferiori dei palmipedi.

Il secondo termine binomiale “album” e latino, significa “bianco” e fa riferimento alla polverina chiara e persistente che ricopre il dorso delle foglie. Una delle comuni varietà di “cúgoi” viene chiamata comunemente “erba del buon Enrico”. Pare infatti che nel XVI secolo, durante una carestia, il re di Francia Enrico IV di Borbone consentisse alla popolazione di cibarsi dello spinacio selvatico che cresceva rigoglioso nei suoi possedimenti salvando così molti sudditi dalla morte per fame. A questo proposito va sottolineato che tutte le chenopodiacee contengono numerosi nutrienti fra i quali ferro e vitamina B1. In fitoterapia il Chenopodium viene utilizzato come lassativo, emolliente e, sotto forma di cataplasma, come rimedio contro ferite, ascessi e ustioni.

In cucina viene usato come verdura da ripeno o consumata cotta e condita con olio e formaggio. Coltivata negli orti in quasi tutta l’Italia, la Farinella un tempo veniva ritenuta un alimento povero. Oggi è considerata una pianta aromatica di pregio. Dai semi è possibile ricavare una farina per focaccine e da impasto per dolci da forno. L’antica ubiquità di quest’erba, presente dalla Calabria al Piemonte, è testimoniata anche dai numerosi nomi con i quali è conosciuta: Atriplice salvatica, Blito, Cinisco, Erba de furmicula, Farinaccio, Farinei, Scinisco, Molinari e molti altri ancora.

 

Ultima modifica il Martedì, 18 Ottobre 2022 07:07
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