Il lavoro manca. Le tutele anche. Per istruttori, allenatori, dirigenti delle società sportive sono tempi duri. Anzi durissimi. «Gli impianti sportivi, le palestre, le piscine sono chiuse o lavorano a ritmo ridotto – spiega Giovanni Agudio della Felsa Cisl Mbl -. In questi ultimi mesi, chi finora ha lavorato nel mondo dello sport si è trovato senza reddito e con sussidi insufficienti. Allo stesso tempo la riforma dello sport annunciata rischia di evaporare se il decreto legislativo non si trasformerà in un impianto normativo organico entro il 28 febbraio».
Per gli operatori del mondo sportivo non esiste un vero contratto di lavoro. A essi viene applicato il contratto di collaborazione coordinata e continuativa con il versamento dell’indennità Inail e dei contributi previdenziali alla gestione separata dell’Inps. «È una categoria complessa – continua Agudio -. All’interno ci sono professionisti che lavorano esclusivamente di sport e persone che svolgono questa attività in modo occasionale e parallelamente ad altre attività. Quanti sono? A livello nazionale sono circa un milione. Nel Lecchese e in Brianza non abbiamo cifre certe. Si stima siano un migliaio, forse qualcosa di più».
Per loro si era aperta la speranza di una riforma globale che non solo cambiasse i meccanismi del comparto sportivo, ma offrisse ai lavoratori più tutele. «L’obiettivo – sottolinea Agudio – è trasformare l’inquadramento dei lavoratori offrendo loro un vero e proprio contratto di categoria, liberandoli dalla posizione di “atipici”». La riforma rischia però di arenarsi. «Il decreto legislativo – conclude Agudio – scade il 28 febbraio e c’è il rischio che, essendo appena cambiato il governo, non si proceda celermente. Per i lavoratori rimarrebbe oltre al danno del lavoro che manca, anche la beffa di maggiori tutele che non verranno riconosciute».