Un colpo di pennello qua, uno striscio di spatola là. La tavolozza non serve più e scompare nel nulla assorbita da un’antica e crostosa policromia. Poi, come accade per ogni opera pittorica che si rispetti, si applica una cornice. In questo caso due, a separare, con verticale nettezza e ascesi spietata, il soggetto da sé stesso trasformandolo in puro oggetto. L’occhio non sa bene dove muoversi, non riesce a trovare il “punto di interesse” dal quale partire per indagare la rappresentazione. Condizione, questa, esiziale per ogni composizione geometrica dell’immagine. Punto fermo preliminare e non ignorabile di ogni manuale di fotografia che si rispetti. Una regola precisa, insomma: mai tagliare in due parti simmetriche una composizione.
L’osservatore non saprebbe dove “osservare”. Eppure l’intento eretico del fotografo proprio a questo mira. A confondere pur indicando con precisione. A imbarazzare lo sguardo frantumando il colore con una materia sovrapposta, smerigliata e quasi illeggibile. A produrre pura contrapposizione cromatica. L’aroma impressionista è deciso e persistente. Però manca il “plein air”, l’immagine potente della luce e del sole. Ma quel giallo vibrante come limpida increspatura d’acqua che scorre…
Elio Spada e Michela Magni