"Gino, oh Gino, in do' ttu sei ?” “Son qui, oh mamma !” Gino era il secondo figlio della mia bisnonna Fidalma.
Vivevano in una frazione di Prato, precisamente Iolo, un paese agricolo della Toscana all`epoca pieno di tanti campi e poderi coltivati, sulla via principale in un edificio a due piani che nell`Ottocento era stato una delle prime Scuole Elementari del Regno d`Italia. Di quella Scuola rimaneva un ampio scalone centrale, che dal corridoio dove stava la cucina e un piccolo salottino portava alle camere di sopra. Uno scalone bello, ampio, con il passamano d`ottone, fatto per far salire torme di bambini, forse pero’ un po` troppo grande per una casa privata.
In compenso c`era un piccolo bagno, troppo stretto per farci stare una vasca da bagno ( le docce all`epoca non erano ancora state inventate !) e quindi i miei nonni si lavavano una volta alla settimana nei bagni pubblici. In cortile, accanto a un giardino che veniva usato per farci un po` d`orto, e a una splendida palma che sovrastava persino il tetto della casa, c`era un vecchio pozzo con una carrucola di ferro per tirare su l`acqua col secchio. Insomma era una casa dell`Ottocento, rustica e bellissima.
Sempre al piano terra c'era anche un magazzino, con un largo portone che aveva un ingresso autonomo sulla strada, dove nonno Augusto lavorava la raffia per produrre i “cappelli di paglia alla fiorentina”, come quelli che ancora oggi si usano al mare. Cappelli di ogni genere, larghi , o stretti, da uomo o da donna : quelli da donna in genere piu` larghi e adornati con simpatici nastrini colorati . All`epoca tutti portavano il cappello, non si poteva uscire senza. Cappelli di ogni tipo, Borsalíno di lusso o altro, ma quelli di paglia erano i piu` popolari e , diciamolo, anche i piu` simpatici.
Era un`attivita` che mio nonno Augusto e suo fratello Gino avevano continuato da loro padre Roberto. Roberto Baroncelli, il fondatore dell`azienda (nato esattamente 100 anni prima dello scrivente, il 2 Marzo 1858, l`ultimo anno del Granducato di Toscana) era un artigiano del cappello, e dava da lavorare a parecchie donne dei paesi vicini a Iolo. Ogni giorno partiva con la carrozza o il carretto a cavalli e portava loro la raffia da lavorare. Poi ripassava dopo due o tre giorni a ritirare il prodotto finito e ci pensava lui a smerciarlo dai rivenditori. Ma Augusto, mio nonno, era un innovatore. Agli inizi degli anni Trenta decise di comprarsi una splendida Moto Guzzi, probabilmente era una W 500 cc, lunga e col cestello dietro. L`avevo vista, da bambino, e ancora adesso sono molto rincresciuto che mio padre non l`abbia tenuta, oggi sarebbe un vero pezzo da collezione (la cerco ancora oggi quando vado al Museo Moto Guzzi di Mandello !).
L`ho ancora negli occhi, splendida, rossa : rossa come la bandiera Socialista a cui mio nonno e` stato legato tutta la vita, infatti all`epoca della Marcia su Roma aveva in tasca la tessera di Filippo Turati. La sua moto Guzzi oltre a una lunga catena aveva un sacco di leve, di manopole, pedali, che da bambino mi affascinavano. Era parcheggiata a un lato del magazzino, sempre pronta a partire. Comodissimo il cestello sopra il parafango della ruota posteriore, dove mio nonno poneva la raffia da portare alle sue collaboratrici. “In do' ttu vvai oggi ?“ gli domandava quando partiva mia nonna Dina, che quando i capelli le diventarono bianchi se li tingeva d`azzurro, come la Fata Turchina di Pinocchio. “ Solito giro: a Iolo dalla Lina, poi Calciana da Ruggera, poi Tobbiana e Paperino” . “Torna presto che ti faccio la bistecca !”
Mio nonno era chiamato in paese anche “il Busticche”, per la sua nota passione per le bistecche. La sua moto comunque non l`aveva mai tradito: partiva sempre al primo colpo con una decisa spinta sul pedale, poi si divertiva a girare per quelle strade di campagna all`epoca certamente non ancora asfaltate: terriccio e ghiaia erano sempre pronti a farti scivolare. Andava piano, anche per non perdere la raffia, in curva non si poteva piegare piu` di tanto, ma comunque andava sempre, sia che piovesse sia che ci fosse il sole. Per lui era un gran divertimento. Una volta per strada lo fermarono i Fascisti: “ Oh Busticche , la prendiamo questa tessera o vuoi proprio farci incazzare ?” (si riferivano naturalmente alla tessera del PNF, Partito Nazionale Fascista). “ Io la tessera ce l`ho gia` , e` quella con il sole nascente !” “Guarda che quella tessera e’ scaduta e i tuoi amici o sono in carcere o sono in esilio in Francia. Non ti conviene fare il bischero con noi !”.
Mio nonno poteva permetterselo perche` non era un dipendente pubblico, lavorava in proprio, e poteva manifestare la sua avversione per il Fascismo. Alla mia famiglia, fin dai Medici in poi, non e‘ mai piaciuto chi voglia comandare da solo. Fini’ ovviamente che dovette bersi la sua giusta razione di “olio di ricino”, ancora negli anni ‘20, venne iscritto come Antifascista nel Libro Nero dell`Ovra (la Polizia che vigilava per il Regime) ma pote` continuare il suo lavoro senza essere troppo disturbato.
Andare in giro con la sua splendida Moto Guzzi (tutti si giravano a guardarlo, anche per il rumore che faceva, e le automobili all`epoca erano proprio poche) lo rilassava e lo metteva di buon umore. “ Un dura miha questo Mussolini un dura !” si confidava con la moto come a un`amica.
Quando scoppio` la guerra raccolse piccoli pezzi di bombe esplose vicino a casa sua, per metterli come ricordo nel ripostiglio insieme all' ombrellino da sole ottocentesco, ultimo ricordo di sua mamma Fidalma. Mussolini passo`, come mio nonno aveva previsto, la Moto Guzzi invece rimase ancora li`, nel magazzino di mio nonno, finche` aveva ancora voglia di lavorare. Suo figlio, mio padre Ferrero, aveva studiato da Ingegnere, e quando lui fu sistemato , anche a causa del fatto che i cappelli di paglia erano ormai diventati fuori moda, mio nonno se ne ando` in pensione, e la Guzzi servi` solo per farsi dei giretti. “ln do' ttu vvai oggi ?” “Iolo, Calciana, Tobbiana Prato” Buon divertimento, nonno: ancora oggi io ti immagino nei Campi Elisi sfrecciare in sella alla tua rossa fiammante Moto Guzzi, in viaggio verso il Paradiso dei Motociclisti I