“Ragazzi, cercano comparse per un film che faranno da queste parti!”
Immediatamente e con la facilità di una lama rovente nel burro, la notizia si sparge in ogni dove. Si insinua in ogni chiacchiericcio, in ogni cicaleccio di quartiere; financo nelle sedute spiritiche o dal barbiere. Oramai in paese non si parla d’altro. E tra funamboliche granite, cannoli alla ricotta e tonnellate di babbà al rum, ogni autoctono in ogni bar ne disquisisce con amici, compari e cugini di primo, secondo e terzo grado. Ogni attività lavorativa è sospesa. Perché, è bene si sappia, anche qui in terronia, la gente lavora. Non tutti sono ladri o assassini o, peggio, leghisti. E persino i briganti sono spariti da tempo. La gente ha smesso da un po’ di mangiar sapone e si lava regolarmente, utilizzando il sapone di cui sopra. Garibaldi è odiato da tutti e l’idioma corrente è un italiano solo lievemente contaminato da locuzioni territoriali incomprensibili ai più e, talora, persino a me che sono più terrone di molti miei concittadini, giacché nelle vene di alcuni scorre sangue misto, frutto di copule siculo-continentali.
Ordunque, dopo l’ufficialità della notizia e l’imminente avvio delle riprese, milioni di aspiranti attori si preparano a quello che somiglierà a un vero esodo biblico in direzione del casting, che si terrà a Galati, un paesino dalla misteriosa utilità, sito sulle colline, tra il vento e il nulla.
A bordo della mia leggendaria Skoda Turbodiesel del 2007, accompagno (gratis) la mia fidanzata. Anch’ella vuole gioiosamente partecipare a questo screening di massa. Ovviamente mi perdo sui Nebrodi. Nemmeno gli abitanti del paesino sono a conoscenza di dove si trovi il cosiddetto “Incubatore”, sede dei provini. Io, che sono notoriamente una persona furbissima, chiedo lumi a un corriere di Amazon. Egli mi guarda perplesso e giura sulla tomba dei suoi bisnonni che non conosce l’indirizzo di questo famigerato palazzo denominato Incubatore (con la B di Babbà).
Poco distante c’è un palazzo dismesso, pieno di casse di frutta e privo di ogni forma di vita.
“Dev’essere quello” afferma con siciliana certezza la mia fidanzata.
“Ma figurati! Qui si sono estinti tutti da anni” replico con sicumera milanesità. E invece è proprio lì. Nei sotterranei di questo malmesso edificio miliardi di persone si stanno dimenando come pesci nella rete. Tutti indossano la mascherina. La scena è abbastanza surreale.
“Ciao Carlo!”. Qualcuno mi saluta da qualche parte… Io, che sono notoriamente una persona molto sveglia nonché furbissima, non riesco ad associare nessun volto coperto da mascherina a questo inatteso saluto.
Vago per le stanze cercando di capire come funzioni il tutto. Una signora di altezza media, capelli medi, peso nella media e con mascherina ci si avvicina. È la nostra amica Francesca. Colei che ci ha parlato del film su Franca Viola per il quale cercano comparse. In men che non si dica, iniziamo a firmare documenti e cambiali, fornendo ogni nostra generalità, misure intime e green pass. Debbo anche fornire il mio iban. Inopinatamente e senza preavviso qualcuno ci inocula nell’orecchio la terza dose di vaccino, per sicurezza. Vengo poi a sapere che trattavasi di Cif Ammoniacal. L’igiene non è mai abbastanza in simile promisquità. Pare.
Dopo le firme un fotografo mi ordina di mettermi spalle al muro, come il più ignobile degli ergastolani. Tra le mani reggo un cartello col mio nome. Io continuo a ripetere “Non volevo venire! Sono innocente! Sono l’autista di quella signora laggiù”. Nessuno si commuove e vengo schedato anch’io. Nel frattempo, ovunque chiunque chiacchiera allegramente con chiunque. Molti si conoscono. Alcuni ritrovano persino parenti dimenticati. Sono tutti qui, con la speranza di partecipare al film evento.
Dopo 2 minuti e 18 secondi, qualcuno ci dice che possiamo andar via. La nostra presenza, di colpo, si è rivelata del tutto inutile. Ma come? E il colloquio con la regista? E il provino sul suo divano che sicuramente avrei dovuto sostenere (e superare) per ottenere la parte? Pare proprio che io e la mia fidanzata siamo stati esclusi ancor prima di essere provinati.
Delusione e sgomento. Mi passa persino l’appetito. Mi scappa però la pipì. Sarà la delusione penso. Oppure le troppe emozioni vissute in così poco tempo. Ma la mia prostata malandata non vuole sentir ragioni. Salutiamo alcune decine di conoscenti e usciamo. La mia Skoda è sempre lì. Mi aspetta docile per riportarci a casa.
Pochi giorni dopo, però, inattesa mi giunge una telefonata.
“Pronto il signor Carmelo Rosalia?”
“Chi parla?” Replico stizzito, aspettandomi il solito frantuma cabbasisi di un call center.
“Sono Spratalfia Sguarguagnalla, del casting… volevo chiederle la disponibilità per il 4 ottobre, quando inizieremo le riprese del film”.
Penso a uno scherzo, ma siccome sono notoriamente una persona gentile, e talvolta perfino educata, rispondo educatamente: “Ma certo, sono in pensione. Ho tanto tempo libero”.
“Bene, la metto in elenco. Sarà contattato tra pochi giorni”.
Miracolo! Ecco la mia vita prendere finalmente una svolta. Di lì a poco avrei abitato ad Hollywood. Ogni tot avrei ricevuto un premio Oscar e avrei cosparso di banconote ogni collina, utilizzando il mio elicottero personale per aiutare i poveri di ogni continente. Mai disperare. La fortuna si ricorda di tutti prima o poi! Persino di un pelato suo malgrado e a sua insaputa come me!
Ma ecco che man mano che si avvicina il giorno fatidico del ciak, nessuna telefonata di conferma mi giunge. Panico e delusione si appropriano di ogni mio pelo e capello. Mi sono dunque illuso inutilmente? Certo che no! Alcuni giorni dopo la morte di ogni mia speranza, mi giunge una nuova telefonata.
“Pronto, cerco la signora Rosalia…. Sono del casting Patapim e Patapam”
“Buongiorno. Sono Carmelo Rosalia, mi dica”
“Ma…veramente io cercavo la signora Rosalia”
“Le assicuro che io sono Carmelo Rosalia e sono pelato, quindi dovrei essere un uomo. Ho fatto il casting il mese scorso”
“Ma…non so…deve esserci un errore. Ho qui la foto di una signora… mi informo e le faccio sapere…”
Inutile aggiungere che nessuno mi ha più chiamato. La mia carriera attorale si è conclusa ancor prima che iniziasse. Ho deciso di non cambiare residenza e di rimandare l’acquisto di una villa con 4 piscine ad Hollywood.
In fondo, sto bene qui. A 50 metri dal mare. Rimando la dieta e il trapianto di bulbi piliferi a tempi migliori. Semmai quelli del film dovessero ripensarci, mi darò malato. Ho altre produzioni che abbisognano di un diversamente alto con leggera stempiatura. La mia agenda è fitta di impegni, cari signori!
E poi, sono timido. Preferisco stare di fronte al camino, con in mano un panino e un bicchiere di vino e la foto di Al Bano sul comodino.
Tutto il resto è noia, diceva quello là.
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Storie di Vita