Scientificamente nota come Oenothera biennis, si fregia di numerosi appellativi comuni: rapunzia, onagro, enagra, bella di notte (i suoi fiori si aprono dopo il tramonto), primula della sera e altri ancora. Se ne incontrano lungo i bordi delle strade e nei pressi dei torrenti. Possono crescere fino a quasi due metri e spingersi oltre i 1500 metri di quota. Se ne incontrano anche lungo l’intero percorso della pista ciclabile della Valsassina.
L’etimologia del nome, Oenothera (attribuito dall’immancabile Linneo), è di origine incerta. Alcuni la fanno derivare dal greco “onos” che significa “asino” mentre “thera” si può tradurre con “cibo”. Infatti uno dei nomi volgari di questa essenza vegetale è proprio “erba asinina” forse perché gli asini ne sono ghiotti. Noi ci permettiamo di suggerire sommessamente un’altra etimologia dal momento che il lemma greco “oinos” indica il vino e che un tempo le radici dell’Oenothera, come spiega Teofrasto, vissuto fra il IV e il III secolo prima di Cristo, venivano usate proprio per aromatizzare la bevanda da tempo immemorabile ricavata dalla fermentazione del mosto d’uva.
Dunque, etimologicamente: “erba del vino”. Suona anche meglio. La medicina tradizionale, l’erboristeria e la cosmetica ne fanno ampio uso. Dai semi si ricava un olio ricco di acido linoleico e di grassi Omega 6 con azione antiinfiammatoria utile anche contro orticaria, acne e psoriasi. Sembra inoltre che l’olio estratto dall’Erba degli asini sia anche in grado di combattere il colesterolo. Le parti aeree sembra possano essere usate come anticonvulsivo e antispasmodico. Però, voi che leggete queste righe, non fatevene un’insalata. Potrebbe essere pericoloso.
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Fiori e Piante della Valsassina