Almeno questa volta il nome dell’erba riportata nella fotografia non è stato imposto da Linneo. SI tratta della Silene vulgaris o rigonfia, molto diffusa anche nella nostra valle fino a quote superiori ai 1500 metri. In vernacolo viene chiamata cornagit ma in altre regioni d’Italia è conosciuta con appellativi diversi quali Strigoli, Sciopit, Carletti, Grisol e così via. I bambini ne fanno “esplodere” i fiori premendoli contro il palmo della mano o sulla fronte per produrre un piccolo scoppio.
Il primo termine dell’appellativo binomiale “Silene” è di origine mitologica e riguarda il dio greco Sileno, divinità “rustica” preesistente a Dioniso, rappresentato comunemente con aspetto itifallico e il ventre rigonfio che ricorda la forma “panciuta” del fiore dei Cornagitt, ma anche delle botti dal momento che Sileno è anche divinità legata a Bacco e, dunque, al vino. Il secondo termine, “Vulgaris”, indica anche l’ubiquità della pianta che è possibile reperire pressoché dovunque.
Si tratta di un’essenza presente in Italia con almeno sessanta varietà, dalle molteplici caratteristiche, non solo culinarie, utilizzabile in fitoterapia per le sue capacità diuretiche, blandamente lassative ed epatoprotrettive, proprietà contenute non solo nelle foglie ma anche nelle radicole. Sono presenti inoltre, in buona quantità, vitamine (in particolare la C), sali minerali, fenoli antiossidanti e carboidrati la cui efficacia viene però molto attenuata da una cottura troppo lunga. La pianta contiene anche altri composti salutari come gli acidi Oleico, Linoleico, Erucico e Palmitico. La medicina cosmetica utilizza alcune parti della Silene per la preparazione di prodotti emollienti e detergenti come saponi e creme. Ma il regno dei Cornagitt è la cucina dove la pianta trova moltissimi utilizzi: nelle insalate, nei ripieni, torte salate, risotti, zuppe, frittate e persino nei dolci.