Molto interessante la serata tenutasi venerdi sera 19 agosto a Introbio, sulla Resistenza in Valsassina (e non solo).
Ha introdotto la discussione il prof. Enrico Baroncelli, citando un ottimo saggio di Marco Cuzzi, "Seicento giorni di terrore a Milano", sulla vita quotidiana del capoluogo lombardo durante la Repubblica di Salò.
"La Resistenza infatti - ha detto Baroncelli - non si è svolta solo in montagna, dove la disparità di uomini e soprattutto di mezzi (scarsità di fucili, pistole e mitragliette) ponevano i partigiani in condizioni di grande inferiorità rispetto ai militari di Salò e soprattutto rispetto ai Tedeschi, ben armati. Pochi quindi sono stati gli scontri e le attività di sabotaggio in montagna. Invece nelle città, Milano, Torino e tante altre, esistevano dei gruppi sovente bene organizzati di GAP o SAP (Squadre di Azione Partigiane) che a rischio della vita procedevano con attentati continui a Tenenti, militari Fascisti e drappelli Nazisti, tramite imboscate mentre stavano tornando a casa, esplosioni nei locali pubblici da loro frequentati e altro. L'obiettivo, abbastanza riuscito, era quello di far sentire insicuro il territorio occupato dai Nazisti e dai Fascisti. La risposta di questi era soprattutto terroristica: fucilare dieci prigionieri politici catturati precedentemente, che perlopiù non c'entravano nulla con l'attentato in questione (come nel caso dei prigionieri trucidati a Piazzale Loreto nell'Agosto 1944 ) oppure passare per le armi immediatamente chiunque fosse trovato con in tasca una pistola o armi non autorizzate.
Piefranco Mastalli, rappresentante dell'ANPI invitato alla conferenza, ha parlato in generale della disposizione geografica delle Brigate Rosselli e Issel, ricordando in particolare la cattura di molti partigiani in località La Pianca, la fucilazione di molti di loro a Barzio e a Introbio (il partigiano Mina) , soffermandosi sulla figura del prof. Francesco Magni, nato a Introbio nel 1920, risparmiato dalla fucilazione forse grazie all'intermediazione di autorità cattoliche.
Torturato come gli altri partigiani catturati i suoi compagni si sono domandati a lungo se "Francio" (il nome di battaglia di Magni) avesse rivelato particolari importanti, ma così probabilmente non era.
Rilasciato dai Fascisti, Magni tornò a studiare a Milano, all'Università Cattolica, dove si è laureato in Lettere all'inizio del 1945, iniziando poi la sua attività di insegnante presso il Collegio Arcivescovile di Porlezza.
"Attività che è durata solo due anni" ha ricordato Mastalli. " Infatti durante una nuotata nel Lago di Lugano, nell'agosto 1947, il Magni è improvvisamente sparito, forse annegato, ma il suo corpo non è stato mai ritrovato neanche dai sommozzatori. Qualcuno ha sospettato che fosse segretamente emigrato in Argentina".
Il prof. Angelo de Battista, già Preside dell'Istituto Badoni di Lecco, e direttore dell'Archivio Storico della Resistenza di Lecco, è invece partito da una domanda che da qualche tempo si stava facendo con i suoi studenti:" Ma chi erano effettivamente i Partigiani ?". Per rispondere al quesito ha fatto una ampia indagine presso l'Archivio di Stato di Como, dove ha trovato delle schede di molti partigiani, registrati poi anche dal CLN lombardo, individuando chi avesse effettivamente partecipato alla Resistenza: scoprendo per esempio che su circa 750 partecipanti individuati, ben un terzo era di origine valsassinese.
Molto folta la presenza di pubblico, a testimonianza che questi avvenimenti di un passato ormai lontano hanno però ancora oggi una certa rilevanza e riscuotono un certo interesse.