No, non è un bucaneve in senso stretto. Anche se sono in molti a scambiarlo per il “Galanthus nivalis”, il vero Bucaneve, suo parente prossimo, di cui abbiano trattato nell’ultima puntata di questa rubrica. L’esemplare riprodotto nella foto ha comunque moltissime affinità col Galanthus: fiorisce alla fine dell’inverno, ha sepali bianchi e calice a capolino ed è molto tossico. Tutte caratteristiche in comune con quell’altro “Bucaneve” del quale abbiamo parlato in passato: l’Helleborus niger, più conosciuto come Rosa di Natale.
Il nome comune di questo piccolo fiore bianco è Campanellino a causa della sua forma a campana dentellata dotata di sferule gialle ai vertici di ciascun sepalo. In Valsassina è possibile trovarne popolose colonie anche lungo la pista ciclabile, ai margini del bosco, verso la metà di febbraio. L’appellativo scientifico, Leucojum vernum, è formato dall’unione del termine greco “leukos” (Λεῦκος) che significa bianco, e dal sostantivo “ion” (ἴον), viola, ad indicare il fiore dal caratteristico profumo, simile a quello del Campanellino. Il nome “vernum” ha origine latina e si traduce con “Primavera” proprio a causa della fioritura tardo invernale o, se preferite, semi primaverile, di questa essenza vegetale.
Come abbiamo detto, il Campanellino, soprattutto foglie e radici, è tossico per l’uomo poiché contiene due composti alcaloidi, Galanthamina e Lycorina, che se ingeriti possono produrre gravi sintomi di avvelenamento. In alcune zone d’Europa e in Turchia queste sostanze vengono utilizzate dalla medicina popolare contro gli effetti della poliomielite. Alcune ricerche farmacologiche pare abbiano individuato nella Galanthina proprietà antitumorali, antimalariche e antibatteriche. Ma se vi procurate qualche escoriazione o piccola ferita non fatevi impiastri di Campanellino: molto meglio ricorrere al buon vecchio alcol denaturato o ad altri disinfettanti reperibili in farmacia.
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Fiori e Piante della Valsassina