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Carlo Mauri ha 32 anni, sua moglie Anna Maria è una maestra di 28, il loro Luca è un bambino di 6 anni che andrà in prima elementare. Il primo agosto 1980 lasciano in auto l’abitazione di Tavernola, frazione di Como, diretti per le vacanze in un villaggio turistico a Marina di Mandria, in provincia di Taranto.
All'altezza di Casalecchio di Reno l'auto viene tamponata, ore dopo arriva il carro attrezzi che li porta in un'officina dove trascorreranno la notte alla bell'e meglio dormendo nella vettura.

Al mattino del sabato sperano di poter far subito riparare il guasto e ripartire, ma nonostante vari tentativi non è possibile, dovranno per forza proseguire in treno. Luca protesta vivacemente, sull'auto ci sono i suoi giochi di bambino e non vuole abbandonarli, i titolari dell'officina ricordano ancora il suo sguardo, al momento della partenza.
La famiglia Mauri arriva alla stazione di Bologna. Si trova sul primo binario, quando questa famiglia spensierata e felice viene massacrata, cancellata, assieme ad altre 82 persone, nella strage fascista del 2 agosto 1980.
“Quarantuno anni fa la città di Bologna e con essa la Repubblica vennero colpite al cuore. Un attentato dinamitardo, ad opera di menti ciniche” – scrive il Presidente Sergio Mattarella – “che puntavano alla destabilizzazione della democrazia italiana, provocò una terribile strage in cui morirono donne e uomini inermi, bambini innocenti”.

Il Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, ricordando la storia della famiglia Mauri, parla di “diritto a una verità piena e completa su mandanti ed esecutori di questa pagina ignobile e nera della storia repubblicana”.
Le loro parole sono anche le nostre, perché non si dimentichi, perché non si smetta di cercare la verità.