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Pubblicato in Attualita`

RETE NATURA 2000: IL RUOLO DELLA PROVINCIA DI LECCO

Sabato, 12 Febbraio 2022 11:08 Scritto da  Provincia di Lecco

Natura 2000 è la rete ecologica dell’Unione europea composta dai Siti di importanza comunitaria (Sic), dalle Zone di conservazione speciale (Zcs) e dalle Zone di protezione speciale (Zps), individuati in base alla direttiva Habitat (92/43/Cee) e alla direttiva Uccelli (79/409/Cee).

Scopo di Natura 2000 è conservare la biodiversità, attraverso la tutela di habitat e specie animali e vegetali indicati dalle direttive Habitat e Uccelli.

Natura 2000 in provincia di Lecco è costituita da 15 siti (ricadenti in 73 comuni), di cui 7 condivisi con le confinanti province di Como (3) e Bergamo (4).

Piani e interventi che direttamente o indirettamente interessano i siti di Rete Natura 2000, se non sono direttamente connessi e necessari alla gestione dei siti, sono sottoposti a valutazione per verificarne l’incidenza sui siti.

Regione Lombardia di recente, con deliberazione di giunta regionale 5523 del 19.11.2021 (Burl 46 del 19.11.2021), ha adeguato la procedura di valutazione d’incidenza alle Linee guida nazionali, che definiscono gli aspetti procedurali delle fasi di screening e di valutazione appropriata; inoltre ha semplificato l’iter individuando i casi in cui piani e interventi sono considerati prevalutati.

La Provincia di Lecco effettua la valutazione di incidenza di tutti gli atti dei Piani di governo del territorio (Pgt) e sue varianti, degli interventi ricadenti nei siti da essa gestiti (Zsc Grigna meridionale e Zps Grigne), dei progetti ricadenti sul territorio provinciale e sottoposti a valutazione di impatto ambientale ed esprime parere in merito alla valutazione di incidenza degli interventi proposti dagli enti gestori dei siti presenti sul territorio provinciale.

I due principali strumenti operativi e integrati, messi in campo dall’Unione Europea per la conservazione della biodiversità, sono costituiti dalla Direttiva Habitat e dalla Direttiva Uccelli.

Natura 2000 è la rete ecologica presente nel territorio dell’Unione Europea composta da aree destinate alla conservazione della biodiversità, attraverso la tutela di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della direttiva “Habitat”.

La rete ecologica è composta da aree denominate:

  • Siti di Importanza Comunitaria (SIC) i quali, una volta osservati in sede europea e nazionale gli adempimenti connessi al loro riconoscimento, fra cui gli aspetti gestionali e di conservazione, assumono la denominazione di Zone Speciali di Conservazione (ZSC). Il SIC è un sito che nella regione biogeografica a cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II della Direttiva Habitat in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza della Rete Natura 2000, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica in questione.
  • Zone di Protezione Speciale (ZPS) sono individuate in base alla Direttiva Uccelli e territorialmente possono essere interamente indipendenti, oppure coincidere in tutto o in parte con i SIC. Sono aree individuate lungo le rotte di migrazione dell’avifauna, finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi.

In Lombardia sono presenti 193 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e 67 Zone di Protezione Speciale per l’Avifauna (ZPS). Il numero totale dei siti (che in parte si sovrappongono) è 242. Ciascun sito è descritto da un Formulario Standard, contenente informazioni sulle specie e gli habitat che lo caratterizzano. Per maggiori dettagli visita il sito di Regione Lombardia.

 

 Direttiva Habitat

La Direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche”, nota come direttiva Habitat ha istituito la rete Natura 2000.

L’Italia ha recepito la Direttiva con  il D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, integrato e modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

La direttiva si compone di 24 articoli, che sono ripartiti in nove sezioni e sono corredati da sei allegati.

Fra le sezioni si richiamano, in particolare, quella relativa alla  “Conservazione degli habitat naturali e degli habitat di specie” e quella relativa alla  “Tutela delle specie”, oltre che quelle riguardanti l’informazione e la ricerca.

Gli allegati riguardano i “Tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione” (I),  le “Specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione” (II), i “Criteri di selezione dei siti atti ad essere individuati quali siti di importanza comunitaria e designati quali zone speciali di conservazione (III), le “Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa” (IV), le “Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione” (V)  e, infine, i “Metodi e mezzi di cattura e di uccisione nonché modalità di trasporto vietati” (VI).

Scopo principale della Direttiva è promuovere il mantenimento della biodiversità, sia attraverso l’attività di conservazione all’interno delle aree di Natura 2000, sia attraverso misure di tutela diretta di quelle specie per le quali la conservazione è considerata di interesse comune dall’Unione Europea. Nello spirito della direttiva l’azione conservazionistica deve tenere conto, al tempo stesso, delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali e contribuire, in tal modo, all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole, anche considerando che il mantenimento della biodiversità in taluni casi può richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane.

Infatti, oltre agli habitat naturali, la direttiva si pone l’obiettivo di conservare anche quelli seminaturali, nei quali l’intervento dell’uomo non ha fatto perdere a questi ambienti caratteristiche evidenti di naturalità, come ad esempio si può rilevare in un bosco e in un pascolo.  Questi ambienti divengono oggetto di caratterizzazione e salvaguardia proprio grazie all’attività agro-silvo-pastorale che in essi si esercita e per il cui mantenimento è necessaria la prosecuzione e, quindi, la valorizzazione delle attività tradizionali, come il pascolo o l’agricoltura estensiva.

Direttiva Uccelli

La Direttiva (79/409/CEE) del Consiglio del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, sostituita dalla Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici, riguarda la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.

L’Italia ha recepito la Direttiva con la Legge n. 157 dell’11 febbraio 1992 e il Regolamento contenuto nel  D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, integrato e modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.

In generale, la Direttiva protegge tutte le specie di uccelli selvatici, sia attivamente (ad esempio attraverso la creazione di Zone di protezione speciale – ZPS, con adeguate misure di conservazione), sia “passivamente”, attraverso diversi divieti: cattura, uccisione, distruzione dei nidi, detenzione di uova e di esemplari vivi o morti, disturbo ingiustificato o eccessivo.

Solo in alcuni casi si può derogare a questi divieti, come ad esempio con l’attività venatoria, che è concessa nella misura in cui è sostenibile, cioè tale da non pregiudicare la conservazione di specie e popolazioni di uccelli.

Le aree destinate alla conservazione degli uccelli, cioè le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS), una volta designate dagli Stati membri, entrano a fare parte automaticamente della Rete Natura 2000. All’interno di tali aree gli Stati membri adottano misure per prevenire il deterioramento e l’inquinamento degli habitat e più in generale perturbazioni negative per l’avifauna.

La direttiva si compone di 20 articoli, corredati da sette allegati, due dei quali sono di raccordo e coordinamento dei testi normativi succedutesi (Allegati VI e VII).

L’allegato I elenca le specie per le quali sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione. Le stesse misure sono previste per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente.

L’allegato II elenca le specie che possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale, tenuto conto del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità e senza che la caccia arrechi pregiudizio alle azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.

L’Allegato III regolamenta la commercializzazione delle specie di uccelli selvatici ivi riportate.

L’Allegato IV elenca i metodi vietati per la cattura degli uccelli (trappole, reti, vischio, fucili a ripetizione con più di tre colpi, caccia da veicoli, ecc).

L’Allegato V elenca le più importanti aree di attività e di ricerca in cui gli Stati membri devono impegnarsi, finalizzate alla conoscenza e alla conservazione degli uccelli (elenchi nazionali delle specie a rischio, censimento degli uccelli migratori, inanellamento, sviluppo di metodi ecologi per prevenire danni da avifauna, sviluppo di metodi per verificare l’impatto della caccia sulle popolazioni di uccelli ecc.).

Biodiversità

Secondo la definizione presente nella Convenzione sulla Biodiversità (CBD), delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo, sottoscritta a Rio de Janeiro nel 1992, la biodiversità è “la variabilità fra gli organismi viventi d’ogni tipo, inclusi, fra gli altri, i terrestri, i marini e quelli d’altri ecosistemi acquatici, nonché i complessi ecologici di cui fanno parte. Ciò include la diversità entro le specie, fra le specie e la diversità degli ecosistemi”.

Per avere percezione del concetto di biodiversità, basta osservare una zona umida, un bosco, un pascolo montano, cioè luoghi in ciascuno dei quali vive in equilibrio una miriade di organismi, che interagisce con il proprio ambiente producendo quale effetto percettivo un mosaico complesso di colori, di suoni, di relazioni. La biodiversità che possiamo osservare, anche con l’aiuto di strumenti per vedere il mondo microscopico, è il risultato attuale della lunga e complessa evoluzione a cui sono stati sottoposti gli organismi viventi e gli habitat da essi occupati.

Perché conservarla

L’importanza della conservazione della biodiversità risiede nelle funzioni che le sono riconosciute, riconducibili alla:

  • Funzione ecologica, in quanto le perturbazioni a cui possono essere sottoposti gli ecosistemi (ad es. il cambiamento climatico), sono sopportate meglio da quelli più complessi, cioè che presentano una grande diversità di specie, rispetto agli ecosistemi più semplici e impoveriti dalla perdita di biodiversità;
  • Funzione economica, in quanto beni e servizi resi dalla natura (capitale naturale, ad esempio autodepurazione del suolo, impollinazione, fertilità) non sono sempre ottenibili con mezzi tecnologici e quando ciò sarebbe tecnicamente possibile, occorrerebbe affrontare costi molto elevati e non sostenibili a lungo termine;
  • Funzione sociale e culturale, in quanto il contatto con la natura da parte della specie umana, quale risultato della lunga storia evolutiva, è fondamentale per lo sviluppo psicofisico di ciascun individuo, rafforza il senso di vitalità, aumenta la capacità percettiva e il senso estetico, aiuta a ridurre l’aggressività, incoraggia l’attenzione, la concentrazione e l’intuito. La biodiversità dà un contributo fondamentale al benessere umano.
  • Funzione etica, in quanto si riconosce un valore intrinseco alla biodiversità, sia pure in modo dipendente da differenti punti di vista, da quello antropocentrico (legata ai benefici che l’uomo può trarre dalla conservazione delle specie, dei geni e degli ecosistemi), a quello biocentrico (che riconosce un valore in sé alla natura). L’approccio etico alla biodiversità può essere applicato a diversi livelli, ma complessivamente conduce all’obbligo di preservare più a lungo possibile l’attuale livello globale di biodiversità.
Cosa la minaccia

La modifica della distribuzione degli esseri viventi sul pianeta e la modifica degli ecosistemi avviene sia per via naturale, sia per effetto delle azioni umane. L’impatto dell’uomo sull’ambiente si manifesta a diverse scale, territoriali e temporali. La perdita di biodiversità dipende dalla distruzione degli ambienti naturali causata principalmente dalla trasformazione del suolo per gli insediamenti urbani, infrastrutture, aree industriali, agricoltura; dall’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera e dal cambiamento climatico; dall’inquinamento, dall’aumento dei composti azotati, dalle piogge acide; dalla diffusione delle specie invasive o aliene e dal mercato illegale di specie selvatiche.

 
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