Cerimonia sobria ma intensa questa mattina a Introbio per le celebrazioni del 25 aprile, conclusasi con l’augurio di poterla condividere l’anno prossimo con tutta la popolazione.
Era presente, con il Sindaco, una rappresentanza del Gruppo Alpini con il presidente Piero Selva ed Elio Spotti per l’ANPI.
Dopo la lettura dei nomi dei partigiani trucidati nel 1944 e della scritta incisa sulla stele eretta al cimitero, luogo ove avvenne l’eccidio, il Sindaco Adriano Airoldi ha voluto ricordare quei fatti tramite il racconto del concittadino Renzo Mastalli che, giovanissimo, visse quei momenti e li ha ancora ben impressi nella memoria.
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Era il 15 ottobre del 1944. Quel giorno ero sulla porta di casa e li vidi passare: erano tutti su un pulmino della SAL, li avevano fatti salire davanti a Villa Ghiringhelli (l’attuale Villa Serena, n.d.r.) vicino al ponte sulla Troggia.
Con loro c’era un prete, il nostro parroco Don Arturo Fumagalli. Li avevano condannati a morte dopo averli catturati su per i monti di Biandino e li stavano portando al cimitero.
Aldilà di un finestrino riconobbi il Carletto Besana che, alzando il braccio, mi salutò con un “ciao Renzo” che non dimenticherò mai.
Dopo un quarto d’ora dal giardino di casa udii degli spari: li avevano già fucilati. Ricordo l’orario, erano le 15.30.
Corsi subito là appena in tempo per vederli tutti allineati nella fossa. Vicino a loro il Paolinet, il Conte e il Borla li guardavano e i loro volti erano pallidi e rigati dalle lacrime.
Qualcuno aveva coperto le teste di quei poveri ragazzi con dei sacchi di carta, un gesto di pietà affinché non venissero sporcati dalla terra.
Quei ragazzi erano il Carletto Besana, il Benedetto Bocchiola, il Carlo cendali, il Francesco Guarnerio, l’Andrea Ronchi e il Benito Rubini.
Ricordo che dopo il 25 aprile salirono a Introbio la mamma e la sorella del Carletto e del Guerino, che era morì tra le braccia del fratello l’11 ottobre mentre, ferito, salì sui monti ad avvisare i compagni del pericolo.
Si ripresero i loro corpi e li portarono a casa, a Barzanò dove furono sepolti con solenni funerali.
Don Arturo quel 15 ottobre mentre i partigiani venivano condotti al cimitero, implorò il comandante delle SS Comelli di lasciare in vita almeno il Carletto, visto che pochi giorni prima aveva perso il fratello.
Ma non fu ascoltato.
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Le cronache raccontano che mentre aspettava di essere fucilato Carletto Besana scrisse queste poche righe alla mamma.
“Cara mamma, fatevi coraggio quando riceverete la notizia della nostra morte, ho ricevuto i Sacramenti e muoio in pace col Signore. Mamma, non pensate al fratello Guerino perché l’ho assistito io alla sua morte. Arrivederci in Paradiso. Figlio Carlo. Ciao”.