IL FORTE DI MONTECCHIO NORD E GLI ULTIMI GIORNI DELLA II^ GUERRA MONDIALE
Il Forte Montecchio Nord o, per esteso, Forte "Aldo Lusardi" al Montecchio Nord di Colico, è un'opera fortificata non più in uso a scopi militari, musealizzata a partire dal 2009.
I lavori di costruzione del forte iniziarono nel 1913 e terminarono nel 1914. Nel corso della prima guerra mondiale (1915/18) la Fortezza di Montecchio, con grossi muri laterali ma soffitti piuttosto sottili, si dimostrò inadatto a reggere i colpi dei mortai austriaci; perciò in pieno conflitto si decise di ricorrere alle tradizionali ma più efficaci opere di difesa. Il complesso storico del Forte, ben inserito nel Sistema Difensivo della Frontiera Nord, la cosiddetta “Linea Cadorna”, è grandioso: interamente scavato nelle roccia, è caratterizzato da possenti mura in granito bianco, numerosi ambienti e camminamenti sotterranei, tra cui a una polveriera profonda oltre 60 metri. Funzione principale del Forte era quella di controllare le strade dello Spluga, del Maloja e dello Stelvio nel caso che gli Imperi Centrali, violando la neutralità della Svizzera, avessero deciso di invadere il Nord Italia.
Durante la prima guerra mondiale, nonostante l'importante posizione strategica, il forte non fu mai coinvolto in azioni di guerra e la guarnigione del forte (circa 30-40 uomini) composta soprattutto da artiglieri, non fu mai chiamata in azione.
Negli anni '30 la struttura venne sempre affidata a un reparto di artiglieri del 4º Reggimento di artiglieria, e l'unico episodio di rilievo che si ebbe prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, fu la cattura di due spie francesi nel 1938, bloccate dalle guardie in prossimità della struttura. Le due presunte spie furono arrestate dai carabinieri che ne verificarono l'identità, constatando come in realtà fossero due semplici turisti che si erano smarriti.
Allo scoppio della II^ guerra mondiale il forte fu ancora utilizzato per l'esercitazione e l'addestramento della guarnigione, ma nonostante il duro esercizio, la tranquillità del settore concesse anche diversi momenti di svago, tanto che nel 1940 molti dei militari del forte furono scritturati come comparse nel film I promessi sposi di Mario Camerini.
All'interno del forte la vita proseguì tranquilla fino al settembre 1943, quando dopo l'armistizio e la resa dell'Italia agli Alleati, un reparto tedesco entrò all'interno della struttura con l'intento iniziale di deportare la guarnigione in Germania. Ciò non avvenne, e gli artiglieri furono riportati al forte per continuare il presidio. Successivamente, con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, il forte si trovò in un territorio al centro dei combattimenti. I bombardamenti Alleati si moltiplicarono, anche se il forte non fu mai oggetto dell'attenzione dei bombardieri che prenderanno di mira molte zone limitrofe come la vicina stazione ferroviaria di Colico, il cui centro venne sfollato.
In questo periodo non vi fu mai un attacco al forte da parte dei partigiani, anzi, fu utilizzato come base operativa per oltre un centinaio di militari italo-tedeschi in funzione antipartigiana. Con la nascita della RSI a Colico venne costituito il "Comitato d'azione antifascista di liberazione nazionale di Colico", che stilò un programma contenente le linee guida del gruppo colichese. Sul finire del 1944, quando l'attività partigiana si era fatta intensa ed estesa su tutto l'Alto Lario, a forte Montecchio fu inviato il tenente della RSI Alberto Orio per controllare la situazione: questi scoprì un complotto di alcuni militari della guarnigione per far cadere il forte nelle mani dei partigiani; sei militari accusati di alto tradimento furono condannati a morte e trasferiti a Como dove, dopo un secondo processo, la sentenza fu confermata per il 25 aprile 1945. Il giorno prestabilito però ci fu l'insurrezione generale e i sei si salvarono.
Durante l'ultimo periodo della guerra si fece largo l'idea di utilizzare il forte come ultimo baluardo della resistenza fascista come parte del Ridotto Alpino Repubblicano in cui gli ultimi reparti della RSI si sarebbero asserragliati per fermare l'avanzata Alleata in Italia, sfruttando anche le posizioni della Frontiera Nord. Il 20 aprile 1945 il forte passò sotto il comando di un maresciallo tedesco, ma gli eventi precipitarono rapidamente; i tedeschi il 26 piazzarono due mitragliatrici in direzione dell'abitato contro un'eventuale insurrezione e avrebbero potuto puntare le artiglierie contro il centro di Colico oltre che contro il territorio circostante. Un tentativo di far arrendere la guarnigione ci fu già il giorno 25 per mano del parroco di Colico, ma senza risultato. Così il 26 fu lanciato un attacco da parte di soldati italiani alle postazioni delle mitragliatrici, che provocò la morte di un soldato tedesco; i pochi soldati italiani prigionieri dei tedeschi all'interno del forte riuscirono a catturare alcuni soldati nemici, e dopo una breve battaglia convinsero il maresciallo della Wehrmacht e il resto della guarnigione ad arrendersi. Una delegazione del Comitato di Liberazione Nazionale quindi si incaricò di occuparsi del forte: i prigionieri tedeschi furono inviati presso il collegio del Sacro Cuore, mentre i soldati italiani che parteciparono alla rivolta lasciarono la struttura in abiti civili facendo sparire ogni traccia della loro permanenza al forte.
Il 27 aprile un'autocolonna italo-tedesca che scortava Mussolini e altri fascisti fu fermata da un'unità partigiana nei pressi di Dongo, dove i tedeschi consegnarono il Duce, Clara Petacci e gli altri gerarchi fascisti presenti, ottenendo così il via libera per allontanarsi dalla zona. Nonostante la colonna tedesca al comando del capitano Hans Fallmeyer si fosse liberata di quell'enorme fardello, fu nuovamente fermata a Colico quando sotto la minaccia dei cannoni del forte Montecchio dovette interrompere la propria marcia. Dopo aver avvistato la colonna, il nuovo comandante del forte Battista Canclini chiese il permesso al CLN di Colico di aprire il fuoco: nonostante le carte di tiro fossero state date alle fiamme prima della resa della guarnigione tedesca, furono sparati cinque colpi.
Anche se nessun colpo andò a segno, questi fecero comunque effetto e il capitano Fellmeyer, pensando di essere sotto tiro, arrestò i mezzi in una zona protetta da alcune abitazioni; a questo punto iniziarono i contatti telefonici tra il comandante tedesco e il comando della 52ª brigata Garibaldi di stanza a Morbegno. Il giorno seguente, verso le 15:00, una telefonata dal comando di Morbegno comunicò al CLN di Colico di preparare una stanza in cui tenere un importante incontro richiedendo la presenza di un interprete tedesco. Alle 16:10 giunse presso l'albergo Isolabella di Colico un'auto con bandiera bianca da dove scese il capitano tedesco; prima di iniziare le trattative, questi volle la presenza del maresciallo tedesco preso prigioniero durante la liberazione del forte. All'arrivo di Fallmeyer iniziarono le trattative: dopo una serrata discussione, fu steso un accordo su quattro punti (tra cui il via libera per i tedeschi verso la Svizzera) e venne firmata la resa con i delegati della 52ª Brigata Garibaldi e del CLN.
Dopo i colpi sparati contro l'autocolonna Mussolini, i cannoni del Montecchio restarono in silenzio fino al 1947, quando tornarono in azione in occasione delle solenni esequie tributate a Leopoldo Scalcini. Avvocato e tenente dell'esercito, durante la resistenza Scalcini comandò una formazione di partigiani tra le montagne di Colico, prima di cadere il 31 dicembre 1944 per opera di una spia che informò i fascisti della posizione sua e di alcuni suoi uomini; questi vennero catturati e fucilati poi seppelliti a Barzio in Valsassina. Nel 1947 i corpi furono riesumati e le spoglie seppellite a Colico, dove gli furono tributati in onore venti colpi di cannone sparati verso la conca di monte Legnone. Quella fu l'ultima occasione in cui i cannoni di forte Montecchio aprirono il fuoco.
per info e visite: http://www.fortemontecchionord.it/