Ci sono luoghi dove la storia non si scopre solo in chiese, antiche dimore o castelli, ma anche nelle viscere della Terra, e uno di questi luoghi è indubbiamente il Parco Minerario di Piani Resinelli in Valsassina sulle prime montagne nei pressi di Lecco, alle pendici della Grignetta, uno dei più antichi siti minerari oggi visitabili.
I Piani Resinelli si raggiungono in pochi minuti d’auto da Lecco, e, dalla loro posizione si può godere di un’incomparabile vista che spazia dalle Alpi Retiche fino al Monte Rosa, dominando la pianura sottostante, il lago ramo di Lecco e i bacini dell'Alta Brianza.
I Piani prendono il nome dalla famiglia Resinelli, una volta proprietari dei terreni, che nel 1830 vi costruì il primo rifugio per la caccia.
Un tempo i piani erano utilizzati principalmente come alpeggio, ma estremamente importante nei secoli fu l’attività estrattiva nelle numerose miniere che si estendevano per chilometri all’interno del massiccio e che rimasero in uso fino alla metà del Novecento.
Ed è proprio di queste miniere che vi parliamo oggi.
Si tratta di miniere molto antiche, di origine presumibilmente rinascimentale. Il primo documento ufficiale che le cita riporta come anno il 1637. Furono oggetto di estrazione continua da allora fino al mezzo Novecento, quando vennero progressivamente abbandonate per ragioni di natura economica.
Qui si estraeva la galena che, dopo la fusione e la cottura, diventava piombo. Era la materia prima con cui il Ducato di Milano forgiò per secoli le proprie armi e, fino all'introduzione della polvere da sparo nel ciclo estrattivo, veniva ricavato con un massacrante lavoro manuale che scavava, centimetro dopo centimetro, la roccia della montagna alla ricerca del minerale.
Lo ricordava anche Leonardo Da Vinci che, lungo il suo periodo da ospite del Ducato di Milano visitò queste zone e le descrisse come ricche di "vene di ferro e cose fantastiche” nelle pagine di quello che oggi è chiamato il Codice Atlantico.
I minatori, fino alla fine del XVIII secolo, venivano pagati a cottimo. La loro paga era il materiale estratto che poi avevano il compito di rivendere o barattare. Le attrezzature erano a loro carico e i condotti erano pericolanti, i crolli erano il pericolo più frequente.
Erano lavoratori stagionali che d'inverno, quando le temperature esterne ghiacciavano l'acqua e asciugavano i condotti, facevano della miniera la loro casa.
Con l’aumentare del caldo esterno, le infiltrazioni rendevano molti passaggi inagibili. Tra l’altro la temperatura costante, attorno ai 10° centigradi, rendeva le miniere più calde nella stagione invernale rispetto all’esterno, dove il termometro scendeva ben al di sotto dello zero
Nel corso dei secoli ovviamente le condizioni di lavoro sono migliorate, le tecniche si sono perfezionate, ma il lavoro del minatore è sempre stato una sfida quotidiana tra l'uomo e la roccia.
Dal 2002 sono state rivalutate in chiave turistica, grazie ad un’importante opera di ristrutturazione e messa in sicurezza.
Oggi le miniere visitabili sono tre: la prima è la Miniera Anna, la più antica e anche quella più semplice da percorrere, particolarmente adatta anche ai bambini per via della sua essere orizzontale, delle ampie gallerie e per il fatto di essere quasi del tutto illuminata.
La cosa stupefacente di questa miniera è, ancora oggi, trovare la statuetta di S. Barbara all’ingresso, la protettrice dei minatori. Nonostante non ci si lavori da decenni, vengono mantenute le stesse tradizioni, come celebrare una messa in suo onore il giorno del 4 dicembre.
La seconda miniera visitabile è Sottocavallo disposta su sette livelli con pozzo centrale che permette la vista dei sottolivelli; molto suggestiva come disposizione, ma adatta solo ad un pubblico adulto.
Infine, la terza, quella che era la miniera Silvia, viene ora utilizzata come sala per concerti in un’atmosfera affascinante e unica nel suo genere.
Attualmente, a causa delle restrizioni per l'epidemia da COVID-19, ci risulta visitabile solo la Miniera Anna. Potete comunque trovare tutte le informazioni sul sito http://www.youmines.com/
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