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Pubblicato in Cultura

STORIA DEL "TITA"

Sabato, 02 Luglio 2022 21:07 Scritto da  Riccardo Benedetti

Comincio da dove avrei voluto finire: un bravo sceneggiatore potrebbe costurirci uno di quei film che oggi vanno per la maggiore, si chiamano "biopic" e raccontano storie di persone vere.

E quella del Tita è, senza ombra di dubbio, la storia di una persona "vera".

E qui dovrei parlare del libro, ma sono in imbarazzo perchè dovrei tirare in ballo il Calvario, una croce che cade infinite volte, un uomo che la raccoglie e se la rimette sulla spalla e prosegue nel cammino di una vita che gli ha permesso di tagliare, con le proprie gambe, traguardi sognati e poi realizzati.

Fino a quei pochi secondi la cui eco si sparse in tutta la Valle alla velocità della luce. Il Tita, la strada, un camion, fine di una storia, inizio di un'altra.

Sono in imbarazzo perchè credo che il Tita non abbia voluto, raccontandoci la sua vicenda, descriverci un Dio che soffre e viene crocifisso; piuttosto, penso che il messaggio delle sue parole sia "cadi e rialzati, perchè la vita vale la pena di viverla e bisogna lottare sino alla fine per farlo".

Confesso di averlo letto tutto d'un fiato ed è normale, visto che si parla dei nostri posti, delle nostre montagne, di amici in comune e, soprattutto, di quel tipo di Sport che lui ha fatto alzandosi al mattino presto per andare a mungere o fare il magutt e poi su per i monti di Premana e Pagnona ad allenarsi; lo Sport delle scarpe troppo piccole che con la songia (molto teoricamente, come abbiamo appurato) avrebbero dovuto allargarsi; dell'emozione della prima gara, delle prime vittorie, dell'inno che suona perchè sei stato tu a farlo suonare.

Ma c'è un'altra immagine che mi è restata impressa.

Quella del bambino in piazza a Premana pronto per andare a correre e in attesa di qualcuno che non arrivava per portarcelo: poi, siccome gli angeli ci sono per davvero, il Marino ha teso la mano e il Tita ha spiccato il volo.

Tendere una mano: questione di pochi secondi, ma un gesto di incommensurabile amore, come quello della sua grande famiglia.

E poi ci sono i racconti delle gare, i nomi degli avversari diventati quasi subito amici, il sogno (dichiarato da bambino) di fare il Forestale.

E qui potremmo spingerci in polemica perchè ripensando al suo sacrificio l'ultima cosa  che uno Stato avrebbe dovuto fare è quella di abbandonarlo.

Non vado oltre perchè potrei scadere in una retorica che il Tita certamente non apprezzerebbe. 

Però un pensiero finale me lo consento.

Leggetelo il suo libro, perchè quando sembrerà che tutto ci stia cadendo addosso e saremo costretti a raccogliere per strada le nostre croci, la storia del Tita potrà esserci di conforto e da sprone a ricominciare a credere che per la vita è sempre giusto combattere sino all'ultimo di quei "Pochi secondi".

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