Dobbiamo ringraziare alcuni lettori, valsassinesi e milanesi, che ogni tanto omaggiano la Biblioteca di Introbio di qualche ottimo libro. A volte sono gialli e polverosi, troppo vecchi e malandati per avere qualche interesse, ma a volte sono libri di un certo interesse. Come quello portato settimana scorsa da una gentile lettrice, "La Milano del Pret di Ratanà" , scritto da Francesco Ogliari e Franco Fava.
Una lettura interessante: ma chi era questo "Pret de Ratanà" (Retenate), cioè Don Giuseppe Gervasini, sospeso "a divinis" dal Cardinale di Milano Andrea Carlo Ferrari nel 1902, all'eta di 35 anni, ma riammesso ai Sacramenti l'anno dopo, la cui fama di santone e promotore di miracoli era giunta anche in Valsassina ?
Per chiarirlo ripubblichiamo alcune note che avevamo scritto più di dieci anni fa per il giornale online che pubblicavamo all'epoca, Leccoprovincia.it.
Ci sia permessa però un'aggiunta che parte dal ricordo orale di due anziani valsassinesi (uno era Andrea Magni di Introbio), tramandataci da altra fonte . Sembra che queste due persone, che facevano i "Cavalanti" (come si diceva all'epoca, cioè gestivano dei cavalli anche per i trasporti) si fossero recati a Milano da Introbio per chiedere la guarigione per due dei loro cavalli che erano malati.
"Potete tornarvene a casa - li apostrofò Don Giuseppe, appena si furono presentati sulla porta - i vostri cavalli sono già morti !" .
Come facesse a saperlo, visto che non avevano neanche avuto il tempo di aprire bocca, è sempre rimasto un mistero. Inutile dire che la triste predizione era vera, come poterono appurare al loro ritorno.
Ma mentre erano ancora lì in quella cascina, furono testimoni di un altro fatto a dir poco sconcertante.
Il rude e corpulento sacerdote prese una bambina tra le braccia, e del tutto all'improvviso la gettò fuori dalla finestra aperta.
La finestra era al primo piano, e subito dopo di corsa Don Giuseppe uscì fuori, spintonando i due malcapitati, per lanciarsi velocemente sotto la finestra dove scorreva una roggia o un torrente (probabilmente una volta quella cascina era un mulino) a recuperare tra le acque la povera bambina.
Dallo spavento preso però la povera bambina aveva cominciato a gridare : "Mamma ! Mamma !".
E quella era la soluzione del problema: la povera bambina era infatti rimasta muta da poco dopo la nascita, non si sa se per uno shock uguale a quello provocatole da Don Gervasini, ma sicuramente la "cura" dell'eccentrico prete, anche se poco ortodossa, le aveva fatto recuperare l'uso della parola .
Miti ? Leggende ? Racconto di un lontano passato di un'Italietta agricola ? Può darsi, però è certo che si trattava di un prete davvero originale e molto caratteristico, e molti altri episodi divertenti vengono raccontati nel libro di Ogliari (famoso storico e professore milanese).
Buona lettura !
Il "Pret de Ratanà": BIOGRAFIA
Giuseppe Gervasini nacque il 1 marzo 1867 a Sant'Ambrogio Olona, in provincia di Varese.
Fin da piccolo visse a Milano, dove giunse con i genitori, che facevano gli osti in citt . Rimasto orfano, visse con uno zio che lo fece studiare. Fin dai tempi della scuola il piccolo Giuseppe si appassion alla botanica, alla medicina, alle scienze, con una passione curiosa che coltivò anche durante il servizio militare.
Soltanto dopo il periodo trascorso nelle fila dell esercito Giuseppe decise di consacrarsi al sacerdozio, diventando Don Giuseppe; infatti inizia a correre veloce per tutta la citt , e non solo, la fama di un prete che guarisce le persone, specialmente i poveri che possono rivolgersi a lui in quanto non chiede alcun compenso per il suo operato.
Tra le tante leggende metropolitane sorte sul conto di Don Gervasini ce n'è una che lo vuole "nemico dei ricchi"; in realtà amici benestanti (si parla addirittura di membri di famiglia Pirelli) ne aveva; ma la sua attenzione era rivolta pi che altro a guarire le persone meno abbienti, che in quegli anni, tra il 1920 e l' inizio della II Guerra Mondiale, non avevano altro modo per farsi medicare.
La sua fama di guaritore (e si narra anche di veggente e stregone ) e forse anche certi suoi modi bruschi, che riservava in modo particolare alle donne, lo resero però presto inviso a certa parte del clero milanese che lo confinò dapprima nel paesino di Retenate (da cui presumibilmente prese il soprannome di Pret de Ratanà) e poi lo sospese "a divinis". Ma don Gervasini non uscì mai dalla Chiesa Cattolica, continuò a dire messa privatamente anche quando gli era stato inibito di farlo in pubblico e venne infine reintegrato a tutti gli effetti, forse grazie all intercessione diretta del Cardinal Ildefonso Schuster (il quale si narra fosse uno dei beneficati del prete).
Il "pret de Ratanà", viveva quasi con nulla, indossava un saio molto liso (spesso con le maniche rimboccate) e offriva tutto quanto riceveva ai più poveri (si dice che facesse sfornare a sue spese tutti i giorni grandi quantit di pane che poi lasciava a disposizione dei bisognosi in una cesta davanti all'uscio della sua casa) ma, a conferma del fatto che anche tra i ricchi aveva degli estimatori, abitava in una villetta nei pressi della cascina Linterno (nel quartiere milanese di Baggio), donatagli appunto da un ricco beneficato.
Qui, nell'ampio orto retrostante l'abitazione, il sacerdote si dedicava ai suoi studi preferiti, cio quelli relativi alle erbe e al loro possibile impiego medico; studi per nulla teorici e molto immediati.
Grazie ai suoi ritrovati molte persone guarirono, ovviamente da mali leggeri. Il prete, che venne investito poi da un alone di fascino e mistero legati a suoi possibili miracoli, era probabilmente un omeopata all' avanguardia, in un periodo dove la chimica non si era ancora sposata con la medicina dando vita alla farmacologia moderna.
In questo senso, grazie alle sue intuizioni e al suo spirito democratico che lo portava a vivere come i poveri e al fianco dei poveri, la sua figura è davvero da additare come un esempio di benefattore della cittadinanza di Milano.
Ma molti venivano anche da più lontano: persino dal lecchese e dalla Valsassina andavano a farsi visitare dal "Pret de Ratanà" (come ricordano ancora oggi alcuni nostri anziani).
Molti, al momento della sua morte, avvenuta il 22 novembre 1941, vollero ringraziarlo facendone scolpire un busto a grandezza naturale da porre sulla sua tomba, al Cimitero Monumentale.
E ancor oggi, a pi di 60 anni dalla sua scomparsa, la sua tomba è meta continua di pellegrinaggi di beneficati e di devoti che ne chiedono l'intercessione, ricoprendone la lapide (che porta incisa la frase: "la fiumana dei tuoi beneficati così ti ricorda e ti ricorderà sempre") di fiori, lumini ed ex voto.
Per questo motivo anni fa la sua tomba, inizialmente posta all'inizio del cimitero, è stata traslata in fondo, per l'esattezza al campo XX, di modo che i suoi numerosissimi visitatori non intralcino i parenti delle persone delle tombe adiacenti.