Chi non è interessato alla domanda posta a Gesù nel Vangelo di oggi: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”? Ma Gesù non risponde; dice piuttosto: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Siamo come studenti che chiedono se l’esaminatore è severo o no, mentre la cosa giusta da fare sarebbe semplicemente studiare per prepararsi bene all’esame. Quello che Gesù fa intendere è la serietà dell’esame: “perché molti cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”.
Né basteranno le chiacchiere, cioè l’esteriorità di riti e di preghiere, per non sentirsi dire: “Non ti conosco”, cioè non ti approvo.
Scriveva il poeta Clemente Rebora: “La tua parola zittì chiacchiere mie”.
Ma dove sta allora la misericordia di Dio?
Essa spunta soltanto quando finisce il nostro vanto.
Basti ricordare la parabola del fariseo e del pubblicano: il primo che viene disapprovato nonostante le sue opere giuste ma fatte con vanto e con disprezzo verso l’altro, e il secondo che tornò a casa giustificato per il suo pentimento e la sua umiltà.
Quella parabola ci aiuta a capire anche che cos’è la “porta stretta” di cui parla Gesù, necessaria per entrare nel Regno: non è il solo compimento dei nostri doveri cristiani: ciò che conta è l’umiltà vera che ti fa abbassare la testa quando ti senti carico di una vita di errori; e non te la fa alzare orgogliosamente davanti a Dio e agli altri, se hai avuto la fortuna di vivere secondo la legge di Dio.
Diceva S. Padre Pio da Pietrelcina: “La più grande miseria dell’anima non è quella di sentirsi debole, ma quella di credersi forte”.
Il “Non vi conosco”, nonostante quanto pensiamo di avere fatto per Lui e nel rispetto della sua legge, è una denuncia dell’esteriorità dei nostri riti e preghiere, e dell’insofferenza o del vanto con cui mettiamo in pratica la sua legge, simile all’obbedienza senza gratitudine e servile del fratello del figliol prodigo.
È così che molti ci passeranno avanti, in attesa che anche per noi l’umiltà sgonfi il nostro vanto e ci renda capaci di passare per la porta stretta.
E nulla come questo sentimento, se sarà giusto e sincero, ci darà anche il desiderio e la forza di vivere le faticose esigenze della legge di Dio.