FINE DI UNA DITTATURA: I LUOGHI DELLA MEMORIA - DONGO (CO), APRILE 1945
Dongo è solo uno dei luoghi coinvolti nei fatti storici dell’Aprile ’45. Infatti, Mussolini e i suoi ministri e collaboratori partirono da Como la mattina del 26 aprile e si fermarono a Menaggio, dove si aggregarono alla colonna di automezzi tedeschi in ritirata verso la Germania.
Il 27 aprile da Menaggio la colonna, lunga quasi un chilometro, risalì la strada Regina fino ad arrivare a Musso verso le 7 del mattino.
A Musso la colonna fu fermata ad un posto di blocco predisposto dalla 52° Brigata Garibaldi: dopo una breve sparatoria e in seguito a lunghe trattative, i tedeschi ottennero il permesso di poter proseguire a condizione che venga effettuata un’ispezione. Si decise poi di effettuare l’ispezione sulla piazza di Dongo.
Oggi a bordo della strada che da Musso porta a Dongo, vicino all’ingresso del “Giardino del Merlo”, sul luogo del fermo della colonna, un cartello del progetto “La fine della guerra” ricorda quei momenti.
A Dongo Mussolini e suoi gerarchi vengono riconosciuti ed arrestati, nel pomeriggio del 27 aprile. Il comandante della 52° Brigata Garibaldi, Pier Luigi Bellini delle Stelle “Pedro” decide di trasferire Mussolini, un prigioniero troppo importante per essere tenuto insieme agli altri. La scelta ricade sulla piccola caserma della Guardia di Finanza di Germasino, un paesino isolato e facilmente difendibile nella valle Albano, sopra Dongo. Nel frattempo, una delle donne fermate con i gerarchi si rivela essere Claretta Petacci, l’amante del Duce, che chiede di poter stare con lui: Mussolini però è già stato trasferito. Il Duce però rimane a Germasino solo poche ore. All’una di notte del 28 aprile, infatti, viene svegliato per essere nuovamente trasferito. Di nuovo a Dongo, viene ricongiunto con Claretta, e viene condotto in auto verso Como. Oggi la caserma di Germasino è una casa privata, su cui è stata posta una targa che commemora il passaggio di Mussolini, e nei cui pressi si trova una cartello del progetto “La fine della guerra”.
Palazzo Manzi è un altro protagonista delle vicende storichedell'aprile 1945. Da qui partono i rastrellamenti delle Brigate Nere stanziate a Dongo. E qui il 26 aprile s’insedia il primo Sindaco della Liberazione. Nelle stanze al pian terreno ha luogo l’interrogatorio di Mussolini, dopo la sua cattura. In Sala d’Oro vengono rinchiusi i gerarchi fermati a Musso, prima della loro fucilazione. E in quello stesso salone viene allestita la camera ardente per gli ultimi morti della Resistenza a Dongo.
La sala era un tempo il salone d’onore, dove i nobili proprietari organizzavano balli e ricevimenti. Quando la contessa Giuseppina Manzi donò il palazzo alla comunità di Dongo, si decise di adibirlo a sede del Municipio, cambiando destinazione d’uso alle diverse sale. Ma la Sala d’Oro non venne modificata e, ancora oggi, si presenta noi nelle sue forme in stile “impero”, con mobili d’epoca e tessuti in stile.
Il lungolago è invece il luogo della fucilazione dei 15 gerarchi e fedelissimi del Duce, ad opera del plotone comandato da Walter Audisio “Colonello Valerio”. La ringhiera non è mai stata sostituita, e porta ancora oggi i segni dei proiettili dei mitra degli esecutori. Dopo la fucilazione i corpi verranno poi trasportati, con i cadaveri di Mussolini e della Petacci, a Piazzale Loreto a Milano per essere esposti al pubblico.
Tra i fucilati di Dongo, i ministri della R.S.I. Ferdinando Mezzasoma, Paolo Zerbino, Augusto Liverani, Ruggero Romano, il sottosegretario della Presidenza del Consiglio Francesco Barracu e il segretario del Partito Fascista Alessandro Pavolini.
Dopo l’arresto a Dongo e il trasferimento temporaneo a Germasino, all’una di notte del 28 aprile Mussolini viene ricongiunto a Claretta Petacci e insieme vengono caricati su un’auto in direzione di Como.
Non arriveranno mai nel capoluogo lariano: dopo il fallimento del tentativo di trasportare i due prigionieri in barca da Moltrasio a Blevio, i partigiani che li scortavano decisero di tornare indietro, verso Mezzegra. Lì infatti, nella frazione di Bonzanigo, abitava una coppia, amici del Capitano Neri (Capo di Stato Maggiore della 52° Brigata Garibaldi) che sapeva erano persone fidate.
Erano Giovanni e Lia De Maria, alla cui porta bussarono i partigiani, chiedendo ospitalità per la notte per i due prigionieri. I coniugi De Maria acconsentirono e a Mussolini e alla Petacci venne offerta una camera per riposare.
Nel pomeriggio del 28 aprile, a Mezzegra giunge Walter Audisio “Colonnello Valerio”: con altri partigiani sollecita Mussolini e la Petacci a lasciare rapidamente l’abitazione dei De Maria. I due prigionieri vengono così condotti sul luogo dell’esecuzione: in una strada stretta e riparata, davanti al cancello di Villa Belmonte a Giulino di Mezzegra.
“Valerio” pronuncia la condanna: <<Per ordine del Comando Generale del CVL sono incaricato di rendere giustizia al popolo italiano>> e alle h. 16.10 Mussolini e la Petacci vengono fucilati.
Oggi, sul luogo della fucilazione, si trovano una croce e le foto del Duce e di Claretta.
info e foto d'epoca: www.museofineguerradongo.it
Nella foto: Giulino di Mezzagra, villa Belmonte, il supposto luogo della fucilazione di Mussolini e Claretta, poco dopo gli eventi