“Alto la`, chi va la` !”
Il comando secco di un milite assonnato (erano le 3 di notte) schiocco` nel buio, la mitraglietta puntata verso il camion. Era la notte del 2 Giugno 1944.
“Cademartori, milite” rispose l`autista dal finestrino, senza dimenticare di porgere la tassa da pagare ad ogni passaggio, una stecca di sigarette “Nazionali”.
Non era la prima volta che i camions della Cademartori passavano ad ore cosi` notturne: bisognava rifornire Milano, e di giorno il viaggio era troppo pericoloso, poteva essere interrotto da qualche maledetto bombardamento inglese.
Il posto di blocco era posto sul Ponte Chiuso di Introbio, e i militi della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) stazionavano nel casottello ancora oggi esistente all`inizio del vecchio Ponte, costruito negli anni Trenta e demolito nel 2010, dove oggi comincia la ciclabile da Pasturo a Introbio.
Un punto temuto, strategico per controllare tutti i movimenti da e per la Valsassina.
Il milite non poteva sapere che dentro i due scalcinati camions Fiat che stavano passando sotto i suoi occhi, nascosti tra le confezioni di robiole e di taleggi, stavano acquattati una ventina di partigiani disposti a tutto.
Non era stato facile convincere Guido Cademartori, gia` Podesta` di Introbio ( e padre di Lino), a prestare i camions ai partigiani per quest`operazione.
“Se mi scoprono passo dei guai” , l`imprenditore introbiese era molto titubante.
“Questi non scherzano – disse riferendosi ai nazifascisti – se scoprono che vi ho aiutato potrebbero anche fucilarmi !”.
“Non ti preoccupare Guido – rispose Mario Cerati, il Capitano degli Alpini che guidava la spedizione - te li lasceremo intatti a Balisio e nessuno sapra` che ce li hai prestati”.
Come molti italiani che ormai avevano aperto gli occhi riguardo alle fandonie raccontate, o meglio urlate da Mussolini dal suo balcone romano di Palazzo Venezia, anche Cademartori era diventato molto scettico sulle prospettive di un Fascismo che non voleva decidersi a lasciare il posto a un`Italia molto diversa. L`Impero, le ambizioni coloniali, la grande Italia: cosa era rimasto di tutto questo ?
Un`Italia assoggettata dai Tedeschi e cumuli di macerie sotto i bombardamenti.
Anche i Carabinieri avevano aiutato i Partigiani, consegnando loro quelle poche pistole e i pochi fucili disponibili.
Non e` molto noto, ma la Resistenza italiana, soprattutto agli inizi, fu in buona parte originata da due corpi d`Armata speciali: gli Alpini, furiosi con il Regime Fascista per come era stata male organizzata la spedizione dell`Armir in Russia, 200.000 uomini inviati tra fanfare e bandiere nell`estate del 1942. I pochi sopravvissuti, meno di un quarto di quelli partiti, ritornati l`anno dopo da quell`inferno contribuirono non poco a far crollare il residuo consenso a un regime che aveva dimostrato tutti i suoi limiti e le sue incapacita`.
Molti, come appunto Mario Cerati o il Tenente Battista Todeschini di Premana, passarono ai Partigiani dopo l`8 Settembre 1943 per timore di essere rispediti al fronte a combattere insieme ai Tedeschi, che in Russia si erano rifiutati persino di soccorrere i feriti degli alleati “kameraten” italiani !
L`altro corpo speciale era quello dei Carabinieri: l`ostilita` con Mussolini era nata dopo il suo ritorno a Roma, una volta liberato dai paracadutisti di Von Student sulla sommita` del Gran Sasso.
Il Duce, che gia` in gioventu` era stato piu` volte messo in manette dai militari dell`Arma in quanto “esagitato agitatore molto ambizioso” (come e` scritto in un verbale dei Carabinieri del 1910) , non aveva potuto sopportare di essere stato arrestato ancora una volta dopo la fatidica riunione del Gran Consiglio del 25 Luglio 1943, all`apice del suo potere, sia pure per volonta` del Re “traditore” Vittorio Emanuele III di Savoia.
Una volta tornato a Roma, sulla punta delle armi naziste, la sua vendetta contro i Carabinieri fu spietata: circa 2.000 Carabinieri laziali, tra cui l`eroico Salvo d`Acquisto, furono spediti nei campi di concentramento tedeschi, a Mathausen o ad Auschwitz, insieme agli Ebrei romani.
Ma torniamo alla nostra spedizione “partigiana” : non sappiamo di preciso quanti fossero i “ribelli” nascosti nei camions : oltre a Mario Cerati (“Romolo”) probabilmente c`erano Francesco Magni di Introbio (“Francio”), “Spartaco” Mauri, Piero Losi, il partigiano Mina, Angelo Villa di Ballabio (“Fiorita”) e diversi altri (qualcuno dice addirittura una settantina di uomini, della Brigata Garibaldi, cifra pero` poco probabile).
Arrivarono alla sommita` di Balisio: spenti i motori, per non farsi scoprire, accostati i camions alla strada, l`ultimo tratto era da percorrere a piedi. Obiettivo: la sede della Milizia GNR a Ballabio, la ex colonia ferroviaria che esiste ancora oggi, dove si era per l`appunto stabilita la Milizia GNR repubblichina. Bisognava farsi consegnare le armi, di cui i partigiani avevano estremamente bisogno, ne avevano troppo poche.
Il piano era semplice, forse fin troppo semplice, e non prevedeva alternative.
I Partigiani sapevano che il Capitano della Milizia dormiva a casa sua, con la moglie e i figli, in una casa situata a Ballabio Superiore. Bene, si sarebbero quindi impadroniti di lui, e come arma di ricatto avrebbero chiesto ai militi di consegnare le armi in cambio della sua vita.
Semplice no ? Troppo semplice !
Nulla ando` come avrebbe dovuto andare. Un calcio ben assestato contro la vecchia porta di legno spalanco` l`ingresso dell`abitazione del Capitano. Si presento` all`ingresso la povera moglie ancora in vestaglia, spaventatissima, terrorizzata che volessero ammazzarla.
“Dov`e` tuo marito” le urlo` un partigiano
“Non e` qui, stanotte dormiva in caserma” farfuglio` la povera donna
“Come in Caserma ? Controlliamo !”
Non lo trovarono: non sapremo mai se si era nascosto troppo bene o se veramente si era fermato in Caserma quella notte.
“Cosa facciamo adesso, Mario ?” lo sgomento stava per impadronirsi del gruppo, il piano non stava funzionando.
“Ormai siamo usciti allo scoperto, non possiamo tornare indietro !”
La decisione fu presa : avrebbero attaccato la Caserma, sperando che i Fascisti si sarebbero arresi facilmente.
Arrivarono al Parco , nascondendosi dietro a qualche cespuglio e a qualche albero: dopo aver ucciso la sentinella, che pero` riusci` a sparare un colpo di moschetto, dando l`allarme a tutti gli altri, iniziarono una lunga e difficile sparatoria contro la Caserma.
Ma i Fascisti, svegliatisi di soprassalto, non mostrarono alcuna intenzione di arrendersi : dalle finestre risposero all`attacco, sparando all`impazzata e al buio contro i partigiani.
Miravano da dove vedevano partire i colpi, ma erano in posizione di vantaggio, in alto e ben difesi, i partigiani , ostacolati da reti metalliche che impedivano anche le comunicazioni, non avevano molte possibilita`.
L`aspra battaglia, come scrisse l`allora Parroco Don Abramo Maroni, duro` all`incirca una ventina di minuti.
Una raffica di mitraglietta colpi` il povero Ambrogio Confalonieri , detto “Biondo”, originario di Brugherio, in pieno petto.
I suoi compagni lo raccolsero, portandolo in un luogo piu` riparato.
“Mario, non ce la faremo mai ..”
“Non abbiamo scelta, dobbiamo ritirarci”.
Il piano era fallito. Le armi non erano state prese, i partigiani dovettero tornare indietro.
Alla spicciolata, con alcuni feriti e un compagno perso.
La prima battaglia non era andata bene, ma la guerra era ancora lunga …..