Il gesto di Gesù. Plasma con il fango gli occhi nuovi al cieco. Gesù non parla al cieco perché quest’uomo è stato sempre solo raggiunto da parole o di commiserazione, di giudizio e di condanna, o frasi di consolazione mai supportate da gesti concreti di amore e di cura, o parole piene di imbarazzo, o parole per spiegargli il perché del suo male dal punto di vista teologico. Gesù compie un gesto di vicinanza, di partecipazione al suo dolore, ma anche un gesto creativo, inequivocabilmente divino. E nel gesto parla di sé, parla di Dio; accende speranze; spinge a pregustare qualcosa di meraviglioso, e a lui dice che non è un dimenticato, piuttosto che è un capolavoro, anche lui all’apice della creazione, come ogni uomo. È un gesto che dice l’inizio di un mondo nuovo.
Così è per l’ex cieco. Occhi nuovi o primo giorno di vita? Vede per la prima volta il mondo, i colori, il suo stesso viso, i volti di chi gli stava accanto, dei poveri come lui di cui conosceva la voce, le lacrime e strazianti lamenti, i volti di chi aveva cercato di spiegargli il perché della sua cecità, di chi gli aveva consegnato spiegazioni secondo una logica che però non aveva donato al suo cuore serenità. Vede finalmente il volto dei genitori e per la prima volta vive percependo la sua identità, la differenza, l’originalità, l’autonomia, la libertà rispetto a loro. Non vede chi l’ha guarito ma ricorda benissimo il suo gesto e lega sempre più la sua rinascita a colui che comprende sempre di più, grazie, paradossalmente, alla ostilità incalzante di chi non lo sopporta e a un suo coinvolgimento personale sempre più profondo,. Vede pian piano con gli occhi del cuore per sé una vita nuova legata sempre più a Gesù.
Preferisco pensare che quest’uomo abbia davvero iniziato a vivere grazie a Gesù e ha ricevuto anche il dono di vedere tutto con gli stessi occhi di colui che lo ha ricreato. Inizia a vivere in modo nuovo lo sguardo su di se, sugli altri, sui suoi genitori, su Dio e il modo di rapportarsi a lui! Non più cieco, poteva finalmente partecipare in pienezza alla vita religiosa del suo popolo e invece comincia a percepire che forse quello è un mondo che non gli appartiene se così incapace di gioire per un dono che lui ha ricevuto ma che dovrebbe essere gioia per tutti. Alla fine raggiunto da scomunica non potrà vivere proprio nulla di ciò che aveva forse anche tanto desiderato. Inizierà però a rapportarsi a Dio come figlio amato, chiamato ad amare alla maniera di Gesù. Gli è offerta la possibilità di vivere già nella nuova ed eterna alleanza.
Tutti gli altri personaggi di cui parla il vangelo di oggi invece continuano a vivere ciò che dall’origine ha “rovinato” il rapporto con Dio, con gli altri, con la vita stessa: il non comprendersi amati in modo assolutamente gratuito e incapaci di fidarsi di Lui. Rifiutando il miracolo e colui che lo ha compito si precludono ancora la possibilità di essere ricreati a una vita nuova.