Li abbiamo visti con i nostri occhi. Ieri mattina, ore 10.50. Pista ciclabile in località Primaluna. Un grumo di passeggiatori (sette o otto) in allegra e liberissima uscita. Tutti insieme attorno a una carrozzina, dotata di apposito infante, messa di traverso alla striscia asfaltata. Mascherine? Nemmeno parlarne. Siamo, come spesso accade, in bicicletta ma le nostre richieste ai membri del gruppo per l’apertura di un minuscolo varco rimangono inascoltate. Quindi piede a terra in attesa che l’”assembramento” si accorga di noi e decida di concederci il passaggio. Il che avviene, con grande calma, come in una sequenza cinematografica al rallentatore: fa caldo e movimenti troppo bruschi potrebbero procurare uno spiacevole eccesso di sudorazione. Un paio di passeggiatori si sposta sulla destra. Un altro paio a sinistra. Gli altri rimangono immobili, guardandoci con indignato stupore. Ci trafiggono anche alcuni sguardi suscitati forse dalla inusitata presenza di tre bici da corsa lungo la ciclabile. Inaudito!
Ma non è questo il punto. Il fatto è che lungo tutto il percorso incontriamo decine di persone, molte in gruppo, solo due o tre delle quali indossano un “dispositivo di protezione individuale”. La domanda, allora, sorge spontanea. Indossare la mascherina all’aperto è necessario o no? Le ultime disposizioni governative dicono che l’obbligo della protezione sul viso all’aperto scadrà il 15 luglio. Però, con repentino cambio di rotta (ma ci siamo ormai abituati) Draghi ha assicurato che domani (20 giugno 2020) chiederà lumi al Comitato tecnico scientifico per sapere “se possiamo toglierci la mascherina all’aperto oppure no”. La parola passa dunque al Cts (quello di Brusaferro e Locatelli). I dati statistici indurrebbero ad attendersi un pronunciamento positivo. Anche perché tutti gli indici di riferimento sono in caduta libera. A Lecco, per esempio, ieri (18 giugno) non è stato registrato nessun nuovo caso di contagio da Sars -cov-2. Anche il buon senso indurrebbe a pensare che l’uso “outdoors” della mascherina, in assenza di assembramenti, sia pressoché inutile. Insomma per il momento il coronavirus, variante delta permettendo, sembra si sia “attestato su nuove posizioni” per usare una metafora molto in voga nelle veline distribuite con granitico rigore dal Minculpop durante la guerra, quando “i nostri” le prendevano di santa e fascistissima ragione, in Africa o altrove. “Ritirata” non si poteva dire né scrivere. Anche se oggi, parlare di virus in ritirata, pare espressione improntata a non eccessivo ottimismo. Intanto all’estero l’hanno già fatto.
In America l’obbligo di mascherina all’aperto è caduto dall’aprile scorso ma solo per chi avesse completato il ciclo vaccinale e per i viaggiatori che transitino in spazi aperti. Anche la Francia, dal 15 giugno, ha abolito l’obbligo eliminando pure il coprifuoco. E il ministro tedesco della sanità ha dichiarato di considerare ormai inutile la mascherina fuori da aree chiuse o coperte. Su posizioni analoghe si sono attestate Spagna e Danimarca. Anche perché pare che il rischio di contagio en plein air sia molto scarso. Da uno studio riportato sul sito internet del The Journal of Infection Diseaes, si apprende infatti che “Five identified studies found a low proportion of reported global SARS-CoV-2 infections occurred outdoors (<10%): «Cinque studi verificati hanno rilevato che una bassa percentuale di infezioni globali da Sars-cov-2 è avvenuta all’aperto». https://academic.oup.com/jid/article/223/4/550/6009483
Porta acqua al mulino dei no mask (all’aperto) anche un articolo apparso sul blog del New England Journal of Medicine nel quale l’infettivologo Paul Sax si dichiara favorevole all’abolizione dell’obbligo di indossare dpi in spazi aperti e in assenza di assembramenti. Vedremo se il pronunciamento del Cts farà chiarezza o comunque contribuirà a dissipare in qualche misura i dubbi. Ma, come si dice, la prudenza non è mai troppa.
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