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Pubblicato in Editoriali

UDINE 1976, VALSASSINA 2021. L'ALTRO VOLTO DEL TERREMOTO

Sabato, 18 Dicembre 2021 14:13 Scritto da  Elio Spada

“Che cos’è?”
“Non lo so, sembra un… un treno. Forse un terremoto.”
“Ma no, i terremoti fanno oscillare i mobili che si mettono a cigolare mentre i bicchieri tintinnano urtandosi.”
Invece è proprio il terremoto. Infatti la casa incomincia a tremare sussultando. È stato come se in cortile fosse passato un treno merci a tutta velocità. Sembrava che una gigantesca mano scuotesse l’edificio dalle fondamenta. E poi il rumore, assordante e pauroso. Alle 11,35 di sabato 18 dicembre 2021, uno dei tentacoli del sisma con epicentro Bonate Sotto, nel Bergamasco, si è spinto fin qui, in Valsassina. Un movimento decisamente sussultorio, improvviso, accompagnato da una specie di boato singhiozzante, come di rullo compressore sul cemento. L’intero corpo della casa, un edificio di tre piani, è scosso brutalmente dall’ondata sismica. Questione di pochi secondi poi tutto si acquieta. Sono disorientato. Non ho mai provato nulla di simile.

Neppure nel 1976 quando, inviato sul fronte del gigantesco sisma del 6 maggio, mi trovavo in Friuli. Un passato davvero remoto, ma ancora ben vivo, un ricordo incancellabile. A Udine le scosse soprattutto notturne che si susseguivano incessanti a intervalli di 40/50 minuti dopo la prima, catastrofica spallata sismica, erano diverse. Più potenti, più lunghe, come onde in un mare mosso ma non tempestoso; soprattutto meno rumorose. Là, quella volta, il terremoto non urlava. Emetteva un soffio potente ma quasi silenzioso, come un colpo di vento. Era il cigolìo degli armadi a svegliarmi nel cuore della notte in albergo. Mi alzavo intontito dal sonno e cercavo di lasciare la stanza senza riuscirci: le oscillazioni dell’edificio erano così violente che mantenere la posizione eretta era impresa vana. Così strisciavo, in mutande, verso la porta. Verso un’impossibile fuga, inseguendo un’incerta salvezza.

Sabato 21 dicembre 2021 è stato diverso. Il terremoto ha mostrato un altro volto. Un volto che non conoscevo. Là avevo vissuto un brutto sogno durato due settimane. Un sogno con un pericolo ben definito e identificabile: il terremoto. Alla fine non è che ti ci abitui ma impari, scossa dopo scossa, ad accettare il pericolo e a tentare di sfuggirgli raggiungendo uno spazio aperto. Qui, invece, sono stato improvvisamente travolto da un incubo di pochi secondi disegnato dai contorni oscuri dell’angoscia, privo di forma, insondabile. E per qualche istante mi sono sentito perduto, senza possibilità di reazione. È proprio questa la differenza fra brutto sogno e incubo. Al primo puoi tentare di sfuggire. Ti trovi davanti a un pericolo concreto, materiale che appartiene comunque a questo mondo. L’incubo, invece, ti avvolge con spire incomprensibili perché prive di un volto riconoscibile, dal profilo materialmente identificabile.

Il sogno proviene dall’esterno. L’incubo emerge da dentro, siamo noi a evocarne il volto perturbante che stabilisce la differenza fra paura e angoscia. E questa mattina, sabato 21 dicembre 2021, alle 11,45, per una interminabile manciata di secondi l’oscuro moloch che scuoteva la casa ha assunto le sembianze ominose di Pan il dio del terrore senza volto, la divinità dal cuore di tenebra. Panico, appunto. Il sisma del 1976 era durato più di 20 secondi causando mille morti. Ieri il terremoto si è risolto in pochi istanti con un grande spavento. E conseguenze molto meno gravi. Ma non sarà facile né rapido respingere l’incubo nel nulla dell’abisso dal quale sempre proviene.

Ultima modifica il Sabato, 18 Dicembre 2021 14:53
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