Vediamo un po’: cinque nomi di Alpini della Valle che mi vengono in mente.
Diciamo l’Edo Balbiani? Il Natalino Arrigoni? Pierluigi Artana? Piero Selva? Pietro Casiraghi? Nicola Fazzini?
Ne aggiungo uno che non c’è più ma che mi ha fatto nascere: Raffaele Ripamonti (e non è colpa sua se poi ho fatto il Carabiniere).
Ed uno, anche lui “andato avanti”, con il quale ho avuto il grandissimo piacere di lavorare: Luigi Bossi.
Ecco i “miei” Alpini, non tutti ovviamente, altrimenti l’elenco sarebbe lunghissimo.
Ma penso siano sufficienti come esempio.
Poi c’è un mondo che vive vite diverse, racconta vicende che nulla hanno a che vedere con lo spirito delle penne nere, la loro storia, i loro sacrifici, la loro dedizione, il loro impegno.
Ho sentito l’altro giorno un’intervista ad un ragazzo.
Diceva che era impaurito dagli accampamenti dei militari insediati a Rimini tanto da non uscire di casa.
E poi una ragazza che spiegava che per tre giorni si è sentita prigioniera di un’invasione.
Ora, premesso che se ci sono stati (e ce ne saranno stati visto che in mezzo a 90.000 persone un branco di idioti lo trovi sempre) episodi poco edificanti questi vanno certamente stigmatizzati e, se del caso, puniti.
Ma il gioco del “tutta l’erba un fascio” – soprattutto nel caso degli Alpini – è solo una sporca vigliaccata perpetrata nei confronti di migliaia di persone sempre pronte a “dar la mano, da vicino e da lontano”, tanto per citare una strofa di una canzone che tutti conosciamo molto bene e che cantiamo a squarciagola quando siamo felici e in compagnia.
Se hai paura degli Alpini, o se ti senti imprigionata alla loro presenza, allora significa che non conosci la loro storia.
Ma, d’altronde, lo sappiamo bene che certe “storie” nelle scuole vengono accuratamente evitate anche se, soprattutto qui da noi, sono parte della nostra vita, dei nostri affetti, dei racconti di nonni e bisnonni alcuni dei quali se non li abbiamo conosciuti è perché si sono sacrificati per la libertà di tutti.
Voi compresi, cari ragazze e ragazzi che vivete in riva al mare, ai quali, in regalo, dedico questa preghiera.
Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai,
su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre
contrade, noi, purificati dal dovere
pericolosamente compiuto,
eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi
le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani, e
ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi.
Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi,
salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della
tormenta, dall’impeto della valanga,
fa che il nostro piede posi sicuro
sulle creste vertiginose, su le diritte pareti,
oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque
minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,
la nostra millenaria civiltà cristiana.
E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
Tu che hai conosciuto e raccolto
ogni sofferenza e ogni sacrificio
di tutti gli Alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito
e ogni speranza
di tutti gli Alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni
e ai nostri Gruppi.
Così sia.