Fulmini. Acqua che scende. Tuoni che rimbombano su per il Vallori e lo Zapel.
Prima è tutto, poi il niente. Una palla di fuoco, muri che crollano, ricordi che evaporano, cose che resteranno solo nella memoria.
Un po' come in quel primo dicembre 2002 quando la montagna, stanca di assorbire pioggia incessante, decise di rivoltarsi.
E per molti le "cose" divennero ricordo da conservare in un cassetto della propria memoria e restare in eterno dentro di noi.
Poi, è vero, si ricostruisce, ci si rialza, ma non sarà mai come prima.
Prima della frana, prima del fulmine, prima di un alluvione, prima di una guerra, prima di un qualsiasi "qualcosa" che ci priva di quanto era "nostro" mentre improvvisamente ci accorgiamo che di assolutamente sotto il nostro controllo non possiamo avere tutto.
Anche se per la supponenza che ci contraddistingue siamo portati a crederlo.
Poi si scatenano i fulmini e i sassi rotolano a valle testimoniando la nostra impotenza.
E torniamo improvvisamente "umani" come in realtà siamo, mentre per colpa di questa giostra che ci siamo creati e che corre oltre la velocità della luce, molto spesso (troppo spesso) ce ne dimentichiamo.