Ebbene sì, lo ammetto. Sono un assiduo telespettatore dei “medical drama”: Grey’s Anatomy, The Good Doctor, The Resident, non me ne lascio sfuggire una puntata. Forse che da piccolo sognassi di fare il medico? No, per quelli nati nella mia epoca l’ambizione quasi unica era diventare astronauta e andare sulla Luna. Perché vi dico questo? Non lo so di preciso, ma forse con il tempo riuscirò anch’io a capirlo.
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Stamattina ho fatto un salto a Pratobuscante.
Attorno e dentro la palazzina che in estate ospita il ristorante della Sagra (e che la Ceresa srl ha ben volentieri concesso in uso) fervevano i lavori di allestimento del polo vaccinale che verrà inaugurato lunedì a mezzogiorno.
Gazebi all’esterno, tavoli e arredi pronti per essere utilizzati all’interno, pareti in cartongesso a delimitare gli “ambulatori”: tutto dovrà essere (e sarà) pronto in tempo per consentire a operatori sanitari e medici di continuare a combattere la guerra alla pandemia e farlo proprio da qui, dai Posti Bellissimi.
Già, i medici. I “nostri” medici.
Gli stessi che hanno vaccinato al presidio di Introbio, che hanno dato dimostrazione di essere davvero al servizio della gente, la “loro” gente, cioè noi.
In questo anno e mezzo, pensateci bene, la nostra percezione nei loro confronti è radicalmente cambiata. Dico in generale, ovviamente, perché se vai a farti visitare devi farlo in fiducia e con stima.
Ma, forse, il più delle volte finiva lì, probabilmente anche perché andare dal dottore comporta avere problemi che, una volta superati, si fa di tutto per dimenticare. E, lo sappiamo bene che da “ol dotor l’è mej sta ala larga”.
Poi è arrivato il Covid e molti medici si sono sacrificati. Solo in Italia ne sono morti circa 360, la popolazione di un piccolo paese di montagna, ed alcuni di loro erano già in pensione e avevano voluto rimettersi in gioco per aiutare i colleghi esausti.
Poi è arrivato il Covid e i “nostri” medici (alcuni dei quali lo hanno sperimentato sulla loro pelle) hanno alzato la mano e risposto presente. Insieme, come una squadra, senza sceneggiatura alla Grey’s, affrontando giorno per giorno l’evolversi della situazione, stando vicino ai loro pazienti, seguendo un copione che se sei medico hai già scritto nella mente e nel cuore, altrimenti avresti fatto, che so?, l’astronauta.
E noi, tutti indistintamente, ci siamo improvvisamente ri-accorti di loro, i “nostri” medici senza frontiere che qui, proprio qui e non lontano migliaia di chilometri, hanno scelto di svolgere la loro missione.
Non sulla Luna, ma al Presst, nei loro ambulatori e, da lunedì, al Pratobuscante.
Silvia, Eleonora, Valeria, Libero, Antonio, Giampiero, Attilio hanno dato ciascuno dodici ore di disponibilità alla settimana e quindi li ritroveremo anche alla Fornace, continuando comunque a garantire la normale attività ambulatoriale.
Cosa dire, credo a nome di tutti, se non grazie?
Riccardo Benedetti