La tragedia consumatasi ieri sul Mottarone non poteva non colpire emotivamente il nostro territorio dove sono ben quattro nel giro di trenta chilometri gli impianti funiviari in attività.
Ovviamente non ci sono parole per descrivere l'accaduto che, a detta degli esperti (quelli che si occupano di manutenzione di funivie, quindi, non i commentatori pressapochisti e tuttologi che sarebbe meglio stessero zitti), non trova, al momento una logica spiegazione.
Più che discutere sul cavo rotto oggi, però, dobbiamo piangere le quattordici vite spezzate e pregare che il piccolo superstite sopravviva (non osiamo pensare come), così come era successo ad Alessandra Piovesana, unica sopravvissuta alla tragedia del Cermis del 1976.
Per quanto riguarda il cavo rotto, invece, a nostro avviso sarebbe opportuno che scendesse il silenzio e si lasciassero lavorare senza pressioni (immaginiamo ne abbiano già molta senza bisogno di caricargliene altre) gli inquirenti e i tecnici che verranno incaricati della perizia.
Continuare a fare ipotesi non ha senso e rischia di disorientare le persone.
Abitando, come abbiamo scritto, in una zona di funivie periodicamente abbiamo riscontri di manutenzioni e verifiche atte a garantire la sicurezza degli impianti, per cui non ci resta che attendere quella "logica spiegazione" che al momento sfugge a tutti.
Nel rispetto del ricordo di chi non c'è più, del dolore immenso dei loro familiari e amici e dell'inimmaginabile sgomento dei gestori di quella funivia.