Emanuele Bonfiglio (Terranostra): “L’epidemia avanza ma le perdite si accumulano, così come le derrate
alimentari prodotte. La sostenibilità economica delle strutture agrituristiche è pesantemente sotto stress”
Ripercussioni a catena sul Made in Lario. E in Italia cibi invenduti per 9,6 miliardi nel 2020
Con la stagione turistica invernale azzerata e il permanere delle province di Como e Lecco in zona arancione, continua ad aggravarsi il quadro, già gravemente compromesso, delle filiere cibo-turismo nel comprensorio lariano. “Una mazzata per l'intero settore, con le aziende in ginocchio che, ora, vedono uno scenario ancora più fosco: il comparto del vino, come quello lattiero caseario e, per esteso, tutto l'agroalimentare delle due province sta affrontando una situazione senza precedenti. E' uno scenario apocalittico, che ancora dodici mesi fa mai avremmo potuto immaginare” commenta Fortunato Trezzi, presidente di Coldiretti Como Lecco.
Ed è particolarmente grave la situazione per gli agriturismi, come rileva con preoccupazione Emanuele Bonfiglio, presidente di Terranostra, l'associazione che riunisce le strutture agrituristiche in seno a Coldiretti Como Lecco. “L'epidemia continua e la situazione è davvero molto preoccupante. Il settore è stato costretto alla chiusura per l'intero periodo natalizio, tuttora non stiamo lavorando e con la Lombardia in zona arancione anche la stagione invernale sembra ormai definitivamente compromessa”.
Per gli agriturismi la situazione è ancor più critica: “Mi spiego con un esempio concreto: ognuna delle nostre strutture è collegata ad un'azienda agricola che non può fermare le proprie produzioni: il latte deve essere munto quotidianamente, così come vengono trasformati formaggi e salumi. E' un ciclo perfetto che si completa con la somministrazione al pubblico in agriturismo. Noi, di fatto, non possiamo sospendere le produzioni, ma dobbiamo invece fare i conti con dispensa e cantina in cui i prodotti continuano a dover essere stoccati: a questo va trovata una soluzione urgente, vi è un tempo fisiologico per il consumo dei prodotti che va assolutamente rispettato. Perdurando la situazione, il problema delle scorte accumulate diventerà enorme e insostenibile anche dal punto di vista economico”.
Per di più ancora non si sa quanto ancora potranno durare le restrizioni: “Dovremo resistere, e la capacità di resistenza varia ovviamente da struttura a struttura e dipende da molti fattori: il danno economico, in ogni caso, sta diventando davvero insostenibile, sia per noi che per i dipendenti e le loro famiglie. Il danno quindi è triplice: per l'agriturismo, per l'azienda agricola e per quanti vi lavorano”.
Una situazione che perdura da quasi un anno, dallo scorso marzo quando scattarono le prime quarantene e i primi lockdown, proprio in Lombardia: “Nell'ultimo anno, di fatto, abbiamo potuto lavorare per meno di sei mesi e per di più con forti limitazioni: le ripercussioni sono facilmente intuibili. Dover iniziare a gettare via quanto producono le nostre imprese agricole significherebbe la fine di tutto: è uno scenario che i floricoltori del settentrione lombardo hanno già dovuto vivere la scorsa primavera, costretti a smaltire in campo le loro piante che continuavano a fiorire e non potevano essere vendute. Non possiamo permettere che ciò si ripeta, per alcun segmento della nostra economia agricola”.
Un quadro preoccupante che, dalle province di Como e Lecco, si estende all'Italia intera: il crollo delle attività di ristorazione, infatti, travolge a valanga interi settori dell’agroalimentare Made in Italy con vino e cibi invenduti per un valore stimato in 9,6 miliardi nel solo 2020.