È un po’ presto per affermare esplicitamente che la pandemia di Covid 19 stia ritirandosi. Anche perché l’elevata rapidità con la quale si manifestano e si sviluppano varianti e covarianti rende difficile ogni previsione sulle caratteristiche dei futuri lignaggi di Coronavirus, sulla loro infettività e aggressività. In altri termini, se il coronavirus appare in regresso non significa necessariamente che il trend proseguirà indefinitamente. Le covarianti Bq.1.1 e XBB, meglio conosciute con gli appellativi di estrazione mitologica Cerberus e Gryphon, sono quelle che oggi preoccupano maggiormente da quando hanno fatto capolino nel panorama epidemiologico internazionale. Lo riferisce ECDC, “European centre for disease prevention and control” secondo i cui ricercatori queste covarianti, in particolare Cerberus, diverranno dominanti (80%) nelle prime settimane del prossimo anno. In Lombardia, pur in presenza di un arretramento della prima linea sul fronte Covid, nell’ultima settimana i ricoveri in terapia intensiva sono saliti a 26 contro i 19 dei sette giorni precedenti mentre nei reparti ordinari ammontano a 1451 con un incremento del 12% (+173 degenze).
La pandemia da Coronavirus ci ha però abituati ad oscillazioni anche notevoli degli indici di riferimento in breve lasso di tempo; sarà necessario quindi attendere almeno un paio di settimane per individuare un trend significativo. La tendenza degli ultimi mesi sembra comunque orientata in direzione di una minore pericolosità complessiva del contagio a fronte però di una più elevata efficacia diffusiva. Insomma, come è stato accertato ormai da tempo, il Coronavirus fa meno male ma è diventato più contagioso. Anche nel territorio di ATS Brianza, come risulta dall’ultimo report diffuso il 30 novembre scorso, la pandemia sembra stia scemando, soprattutto per quanto riguarda la gravità dei sintomi. Il grafico realizzato da ATS Brianza, che riportiamo di seguito, chiarisce bene il quadro di una situazione che, se non consente di considerare ormai acqua passata la cosiddetta “pestilenza 3.0”, è caratterizzata comunque da elementi confortanti.
Come si può osservare, il confronto fra i casi positivi accertati a partire dalla primavera 2020 al 22 novembre 2022 (linea e area blu) e i ricoveri ospedalieri (linea e area rossa) delinea una evidente tendenza alla riduzione delle ospedalizzazioni. I picchi di infezioni rilevate (in particolare con la quarta “ondata”) non influiscono significativamente sulla numerosità dei ricoveri. Ciò significa che la campagna vaccinale, il lockdown e le altre restrizioni, hanno dato risultati considerevoli. I tempi degli ospedali al collasso e delle terapie intensive affollate all’inverosimile si è dunque concluso? Per ora è così ma all’orizzonte si staglia un’altra minaccia: l’influenza stagionale che quest’anno sembra più virulenta del solito e che ha destato l’allarme delle autorità sanitarie. Per questo il consiglio, in particolare per i soggetti a rischio, è di farsi inoculare non solo il farmaco anti covid ma anche il vaccino polivalente antinfluenzale.
Secondo il prof. Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di prevenzione del ministero della Salute, il punto di massima diffusione del virus influenzale di quest’anno, potrebbe manifestarsi, con qualche anticipo, già nei primi giorni del 2023 e, insieme a SARS Cov-2 potrebbe mettere in difficoltà le strutture ospedaliere anche nel Lecchese. Su scala nazionale, i dati forniti da INFLUNET (la rete italiana di monitoraggio dell’influenza stagionale) riferiscono che “Nella 47° settimana del 2022 l’incidenza è pari a 12,9 casi per mille assistiti (9,5 nella settimana precedente)” Ad essere colpiti sono soprattutto i giovanissimi come ben sa chi ha in famiglia bimbi in età scolare. Al di sotto dei 5 anni l’incidenza del virus influenzale è elevata: 40.8 colpiti ogni 1000 assititi. Inoltre, secondo le cifre fornite da Influnet, in Lombardia, Umbria ed Emilia - Romagna l’incidenza del virus “australiano” sulla popolazione ha oltrepassato “la soglia del livello di entità molto alta”.