La storia che stiamo per raccontarvi è vera e, a differenza di quelle che si narrano in certi film dove è difficile capire quale sia la realtà accaduta e la parte romanzata, in questa storia di romanzato non c'è nulla, solo qualche motivo di riflessione che lasciamo ai nostri lettori.
Avete mai sentito parlare di "dote comune"? Ebbene, la dote comune, in estrema sintesi, è un'iniziativa che serve per avvicinare le persone che ne hanno bisogno al mondo del lavoro offrendo loro una formazione.
Per la precisione:
Il programma “DoteComune” (realizzato da Regione Lombardia e ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani) si realizza tramite progetti finalizzati a rafforzare nei partecipanti:
- le opportunità d’inclusione sociale e lavorativa;
- la conoscenza del funzionamento di enti e istituzioni;
- la sensibilizzazione su problematiche d’interesse pubblico;
- la valorizzazione delle specificità legate a contesti locali;
- l’assunzione di responsabilità, in particolare, su temi di pubblico interesse attraverso il coinvolgimento dei cittadini nel miglioramento del livello dei servizi;
- l’educazione di cittadini consapevoli e responsabili nella prospettiva della formazione continua e permanente;
- l’assolvimento del percorso di politica attiva previsto dal D.lgs 150/2015 e dall’art. 4 co. 15 quater del DL 4/2019 come convertito dalla legge 26/2019;
- l’acquisizione di competenze e relativa certificazione, secondo quanto previsto dal Quadro Regionale degli Standard Professionali con esclusione delle competenze delle figure normate o regolamentate.
L'impegno può essere periodico o addirittura annuale per un totale massimo di 960 ore (in pratica, se calcolate sull'anno 18 ore settimanali) indennizzate con 300 euro mensili (che non è un granchè, d'accordo, ma bisogna tenere sempre presenti le finalità dell'iniziativa).
Venendo alla nostra storia, un comune decide di offrire la possibilità ai cittadini di aderire al bando e fare esperienza nei propri uffici.
Premesso che nessun cittadino di quel comune aderisce (mentre forse qualcuno ne avrebbe bisogno), di domande ne giungono comunque diverse e tutti gli aspiranti sostengono un colloquio.
Tra i tanti, alla fine, ne rimane uno (che qui sotto chiameremo "dotecomune") che accetta di iniziare il suo percorso formativo.
Il successivo colloquio si svolge più o meno così.
Comune: "Bene, dovrebbe iniziare il 16 novembre"
Dotecomune: "Ma, veramente, per vari motivi vorrei iniziare il 24 novembre"
Comune: "Guardi che il 24 novembre è venerdì"
Dotecomune: "E' vero"
Comune: "Quindi meglio che inizi lunedì 26 novembre"
Dotecomune: "Sì, in effetti è meglio"
Comune: "L'orario di inizio lavoro è alle 8 del mattino"
Dotecomune: "Non si potrebbe fare alle 8.30?"
Comune: "Va bene. L'aspettiamo lunedì 26 novembre alle 8.30".
In attesa delle 8.30 del 26 novembre in quel comune ci si prepara ad accogliere il nuovo "collega" allestendogli la scrivania, approntandogli un pc e facendo un elenco delle mansioni che dovrà svolgere nell'anno in cui presterà la sua opera, otterrà una formazione e un domani avrà probabilmente maggiori possibilità di trovare un lavoro.
E così arriva il 26 novembre, lunedì, ma alle 8.30 del Dotecomune nemmeno l'ombra.
"Sarà in ritardo" pensano in comune, ma alle 10.30 il ritardo si trasforma in assenza per cui un'impiegata tenta di contattarlo al telefono.
Ma Dotecomune non risponde.
Dotecomune, invece, scrive una mail mostrando un innato senso della sintesi e soprattutto della maleducazione.
"Rinuncio. Arrivederci".
Nient'altro. Non una parvenza di scuse, una motivazione, un mal di pancia improvviso, nient'altro che un secco "rinuncio", tipo quello che si dice in chiesa in certe occasioni riferito al diavolo, in questo caso ad un'occasione di lavoro.
Come scritto in apertura lasciamo tutte le riflessioni del caso ai nostri lettori precisando, ovviamente, che riteniamo questo Dotecomune un caso isolato, ma abbiamo voluto raccontarlo egualmente perchè lo ritenevamo significativo sotto molti aspetti.
Per parte nostra possiamo solo immaginare che in quel comune per quel Dotecomune di "arrivederci" non ce ne saranno.