Valerio Annovazzi: uno che se non lo conosci non lo puoi capire. Ma anche se lo conosci, alla fine, ti stupisce sempre.
Aveva (almeno nelle intenzioni e per usare un termine calcistico) appeso le scarpe al chiodo ma, ed è qui che ricomincia lo stupore, il suo istinto lo ha convinto a riportarsi là dove probabilmente si trova meglio che su alla Pezza, e cioè in alto, molto in alto.
Ed oggi compare, come per incanto, un post di Chiara, la figlia che sotto una foto del papà in cima al Peak Lenin mentre respira aria fina a 7.134 metri di altezza (una specie di gita rispetto al passato) scrive queste parole.
"Quando mio papà ha detto che avrebbe smesso di fare spedizioni e che aveva lasciato tutta l’attrezzatura in Pakistan - scrive - pensavamo che fosse giunto il momento per lui di godersi la pensione. Ma evidentemente, per lui, 'smettere' significa solo abbassare di qualche metro! E così, eccolo di nuovo, su una montagna da 7000 invece che 8000.
Complimenti papà. Da sempre l’esempio che non seguo mai, ma che ammiro tanto!"
Il Valerio, per chi non lo sapesse, non è stato sempre alpinista visto che il suo passato lavorativo lo ha visto autista e muratore prima di decidere, dopo un infarto, di cambiare vita, perdere una ventina di chili e dedicarsi a "camminare" come gli era stato suggerito dai medici.
Evidentemente Valerio è andato oltre i consigli visto che si è "fatto" cinque ottomila (non prima di un secondo infarto) e rischiato seriamente di non tornare più a casa come sul Gasherbrum II quando è rimasto per tre giorni bloccato in quota senza cibo e salvato appena in tempo da morte certa.
Ed oggi, al vedere questa foto, la mia ammirazione per un coscritto "con le palle" (consentitemi) va ancora oltre quella che era peraltro già di altissimo livello.
Complimenti Valerio per averci ancora una volta insegnato che talvolta l'impossibile può diventare possibile. In fondo, forse, basta solo crederci un po' di più.