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Lunedì, 11 Luglio 2022 07:03

 MISSION BAMBINI - CENA Benefica Pro Cuore di Bimbi

Si è svolta sabato 9 luglio, a Maggianico di Lecco presso l’oratorio la cena di raccolta fondi di Mission Bambini per il progetto “Cuore di Bimbi”.
“Erano presenti circa 100 persone” racconta Chiara Michetti speaker della serata e organizzatrice insieme al gruppo dei volontari di cucina coordinati dall'inesauribile Lucia Chiarappa “un grande successo per un periodo come questo infatti oltre a un numero di disdette significativo (causa covid) alcuni simpatizzanti del nostro sodalizio hanno ricevuto il dinner box della cena a domicilio , il progetto ‘cuore di bimbi” nasce nel 2005 per aiutare i bambini che nascono con difetti cardiaci congeniti.

Grazie a Mission Bambini e ai medici dell’ospedale Niguarda riusciamo ad intervenire su tantissimi bambini Africani, Asiatici e Europei. Grazie alle missioni di medici volontari, vengono sottoposti nei Paesi in cui vivono a screening, operazioni salvavita, follow-up post operatori. Laddove non sia possibile intervenire in loco, i bambini vengono ospitati e curati in Italia o in Romania.”
“Un grazie particolare” sostiene Beppe Mambretti che della Fondazione è il coordinatore provinciale Lecchese “sicuramente va ai tanti amici e volontari che si sono resi disponibili per l’organizzazione, la cucina, il servizio, senza di loro non sarebbe stato possibile. Per noi aiutare i bambini è una gioia, sono il futuro del mondo e lo facciamo oltre gli ostacoli, oltre le difficoltà e oltre la nostra di zona di confort ”.
Chiunque abbia voglia di donare anche solo 3-4 giorante all’anno a Mission bambini diventando volontario o voglia avere maggiori informazioni può contattarci a questa pagina

https://missionbambini.org/volontariato/ oppure visitare il sito
https://missionbambini.org/ .

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Domenica, 10 Luglio 2022 18:27

A BARZIO E' IL MOMENTO DEI SALUTI PER GLI ALPINI

Un'esperienza che non sarà dimenticata e che ha lasciato un'impronta sia nei cuori del valsassinesi che degli stessi Alpini, che si sono sentiti così ben accolti e a casa loro.
Domenica mattina a Barzio è stato il momento dei saluti e dei ringraziamenti, in particolare per i due principali organizzatori di un evento che è durato una intensa settimana, e cioè il tenente Colonnello Giuseppe Cardilli, coadiuvato dal Presidente dell'ANA Lecchese Marco Magni. Così sono stati ricordati nell'ultima cerimonia ufficiale, tenutasi presso il Leone in piazza a Barzio, dove hanno preso la parola anche i rappresentanti delle istituzioni, il Sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, il rappresentante della Regione sottosegretario Antonio Rossi, il Sindaco di Barzio Giovanni Arrigoni Battaia.

Un'esperienza importante che rimarrà nella memoria e che si spera di replicare magari tra qualche anno.
Di seguito alcune fotografie del corte, che è partito dal PalaBarzio per arrivare in piazza Garibaldi, dove è posto il Monumento ai Caduti.

In seguito , a mezzogiorno, è stata celebrata al campo base la Santa Messa domenicale.

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Domenica, 10 Luglio 2022 15:03

ANCHE VERDONE (online) AL FILM FEST di LECCO

Lecco abbraccia virtualmente Carlo Verdone. La positività al Covid 19, che pure non ha permesso al popolare e amatissimo attore e regista romano di essere fisicamente in città, non ha compromesso la sua partecipazione alla terza edizione del Lecco Film Fest. In videocollegamento con una Piazza Garibaldi gremita di spettatori, ieri, sabato 9 luglio, il cineasta ha intrattenuto per oltre un’ora il pubblico lecchese che già da giorni aveva fatto registrare il tutto esaurito per il doppio appuntamento grazie al quale, negli auspici degli organizzatori, sarebbe stato il protagonista assoluto della kermesse nella sua terza giornata: prima, nel pomeriggio, la proiezione del film “Ordet” di Carl Theodor Dreyer, capolavoro del cinema nordeuropeo cui il cineasta romano è particolarmente legato, con successivo dibattito aperto alla platea.

Poi l’intervista a tutto campo in Piazza Garibaldi a partire dalle 19. Invitato al Lecco Film Fest nella duplice veste di ‘amico’ e spettatore’, dopo le brevi battute introduttive della giornalista e critica cinematografica Marina Sanna e del padrone di casa, Monsignor Davide Milani, prevosto di Lecco e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, dal ledwall su cui campeggiava in primo piano Verdone ha impiegato pochi momenti a prendersi l’intera scena ed entrare in sintonia perfetta con la platea, affascinata dalle sue straordinarie doti di comunicatore, oltre che dalla sua impagabile cultura cinematografica, dimostrata dalla lezione magistrale con la quale ha illuminato le qualità più singolari delle pellicole del grande cineasta danese, dalla fotografia al montaggio, alla scelta degli attori, alla capacità di coinvolgere l’emotività degli spettatori attraverso i rumori della natura che ne costituiscono la colonna sonora.

Poi spazio ai ricordi risalenti a momenti diversi della propria vita e della propria carriera, in una chiacchierata nella quale all’ironia e all’umorismo si sono alternate la nostalgia e la commozione nel susseguirsi di aneddoti indimenticabili, alcuni divertenti, come la sonora bocciatura inflittagli dal padre Mario, ordinario a La Sapienza di Roma, all’esame di Storia e critica del cinema, o la ‘morte apparente’ di un’attrice durante le riprese del film “Ma che colpa abbiamo noi”; altri romantici e perfino struggenti come l’amore giovanile - breve e impossibile - per una prostituta giovane e bellissima (“una piccola Juliette Greco”), ricordato con accenti di particolare delicatezza anche in un capitolo della sua autobiografia “La carezza della memoria” dato alle stampe lo scorso anno. Nel corso della conversazione non è mancata l’occasione di riflettere sulla situazione in cui versa attualmente il cinema italiano, una crisi le cui origini risalgono, come noto, a tempi antecedenti l’inizio della pandemia.

A tale riguardo il regista non ha lesinato critiche ai colleghi, dichiarandosi deluso dalla qualità media di quanto viene proposto, non adeguata, al netto di poche eccezioni, alle aspettative del pubblico, che ha motivo di disertare le sale alla luce della mediocrità di quel che si produce, e ha biasimato la corsa ad accaparrarsi le sovvenzioni statali sfornando di gran fretta film scadenti. Il pubblico lecchese ha ascoltato con grande interesse il lungo intervento di Carlo Verdone esprimendo il proprio apprezzamento con diversi applausi, dei quali il più caloroso è risultato quello finale, nel momento di un congedo che è stato un arrivederci: don Davide Milani, in qualità di promotore della manifestazione, ha infatti già ottenuto dal regista romano l’impegno - ancor più solenne perché pubblico - a partecipare all’edizione 2023 del Lecco Film Fest. Questa volta finalmente dal vivo.

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Domenica, 10 Luglio 2022 14:30

QUEL DEBITO POCO NOTO CHE GLI ITALIANI HANNO CON GLI ALPINI

in Cultura

Che gli Alpini siano il corpo militare più amato dagli Italiani, soprattutto al Nord, non è una novità. L'accoglienza e , diciamolo pure, l'affetto, che la presenza del 9* Reggimento della Brigata Alpina Taurinense hanno ricevuto in Valsassina, nel corso di una settimana di alloggiamento ed esercitazioni, ne sono state un'ulteriore prova ("Siete bellissimi !", gridava qualcuno ieri dalle strade di Pasturo) .

Quando si pensa agli Alpini, fondati 150 anni fa nel 1872, si pensa alle epiche battaglie della I Guerra Mondiale sul Carso e sul fronte del Piave. Nella II Guerra Mondiale invece sono stati utilizzati tra l'altro in Montenegro, in Yugoslavia, e nello sciagurato attacco alla Grecia (a cui dovevamo "spezzare le reni"), iniziato in una data sbagliata, alla vigilia dell'Inverno, 28 Ottobre 1940, il 18* anniversario della Marcia su Roma, in condizioni meteorologiche che causarono il congelamento di molti Alpini sulle montagne del Montenegro. Se già lì molti cominciarono a dubitare della pessima organizzazione con cui l'Italia era stata buttata nella Guerra (mi rifaccio soprattutto alle testimonianze orali di Mario Cerati, Capitano Alpino originario di Introbio) il disastro più noto e definitivo fu la partecipazione alla Campagna di Russia, voluta personalmente da Mussolini nel Giugno del 1942.

In realtà gli Italiani c'erano già da tempo in Russia, dal Luglio 1941, a fianco dei "Kameraten" Tedeschi: circa 60.000 uomini inquadrati nel CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) al comando del bravo Generale Giovanni Messe. Il quale aveva cercato inutilmente di convincere Mussolini a desistere dall'idea di inviare altre truppe in Russia, visto anche che i Tedeschi mal ci sopportavano (addirittura alcune camionette tedesche si erano rifiutate di trasportare feriti italiani).
Ma il Duce fu irremovibile: si trattava soprattutto di un'operazione di propaganda. Venne allestita così l'Armir, 230.000 uomini mal equipaggiati, male armati, e soprattutto appiedati: non starò a ripetere diverse cose già note anche nella storia e nella letteratura italiana, ma mi soffermo su due particolari non secondari, la partenza e il ritorno di questi soldati.

La partenza, nel Giugno 1942, fu tutto uno sbandierare di fanfare , bande, trombe e bandiere a ogni stazione ferroviaria, che dovevano celebrare i nostri Alpini in viaggio verso la Russia. Cosa ci andasse a fare un corpo pensato per la montagna in un territorio di pianura e steppe come la Russia nessuno l'aveva capito molto bene (forse perchè erano abituati al freddo ?). Peccato poi che i treni si fermassero a 120 km dalle postazioni sul Don che gli Alpini dovevano presiedere. Gli ultimi 120 chilometri a piedi furono abbastanza faticosi, ma i soldati presero le loro posizioni sul fronte russo meridionale e costruirono le loro difese.

Il ritorno, dopo che i Russi scatenarono nel Natale del 1942 l'offensiva del "Grande Urano", fu tutta un'altra musica. Le famose "centomila gavette di ghiaccio" si trascinarono faticosamente verso il confine: la durissima battaglia di Nikolaevka, ricordata giustamente ogni anno agli inizi di Febbraio a Colico, con cui a costi durissimi riuscirono a evitare l'accerchiamento e la cattura di tutta la spedizione, garantì la loro salvezza.
Ma in quali condizioni ? E qui mi rifaccio alla testimonianza di un Alpino valtellinese del "Morbegno", Primo della Bosca, tramandatami da sua nipote in una tesina scolastica per la Maturità al Parini serale.
Episodi confermati anche da alcuni storici importanti come Renzo de Felice. Saputo del disastro, Mussolini ordinò che gli Alpini venissero riportati in patria nella massima segretezza (niente più fanfare e bandiere !).
Dei vagoni con i vetri oscurati o addirittura piombati furono mandati nelle vicinanze del Brennero: la stragrande maggioranza dei soldati, esausti, mutilati o feriti, ridotti a circa un quarto rispetto alla partenza, furono inviati all'Ospedale Militare di Roma, senza che nessuno potesse incontrarli.

Una volta dimessi dall'Ospedale, fu ordinato loro di non parlare con nessuno della loro esperienza in Russia, e tantomeno di formulare critiche allo Stato Maggiore. Naturalmente molti Alpini, da bravi soldati obbedirono, ma c'era poco da voler tenere nascosto: le loro condizioni parlavano da sole !

I parenti e gli amici che finalmente potevano rivedere i loro cari, almeno quelli fortunati che erano riusciti a tornare a casa, non avevano bisogno di molte spiegazioni per capire che cosa era successo. Fu come uno squarcio che si aprisse, una finestra aperta dopo vent'anni di chiusura e di propaganda. Il consenso al Regime Fascista, che era stato all'apice fino al Giugno del 1940, crollò improvvisamente come un castello di carte.

Non a caso dal Febbraio del 1943, quando tornarono gli Alpini, fino al 25 Luglio di quell'anno, Mussolini smise di dare discorsi inutili e retorici dal balcone di Palazzo Venezia. Anzi, si dette malato per molti mesi, accusando la recrudescenza di disturbi intestinali che lo avevano colpito fin da giovane. Il Regime entrò in uno stato di agonia e di catalessi: persa definitivamente la "Guerra d'Africa" e finito il glorioso "Impero", subita l'umiliazione in Russia, mentre invece i Tedeschi resistevano tenacemente (ci vorranno altri due anni ai Russi per arrivare ai confini della Germania) venne finalmente al pettine la corruzione del regime fascista, la disorganizzazione, la cialtroneria con cui erano state mandate allo sbaraglio le migliori truppe dell'Esercito Italiano.

Insomma, uno squarcio di verità che portò alla fine del Regime, quando poi, dopo l'invasione americana della Sicilia il 25 Luglio, Mussolini venne finalmente esautorato dal Re Vittorio Emanuele III.

Finita lì ? Nient'affatto. Quando, dopo l'8 Settembre 1943, gli avieri di Von Student, liberarono Mussolini dalla sua prigionia sul Gran Sasso, e il Maresciallo Graziani richiamò alle armi tutti i giovani nati tra il 1922 e il 1925, sotto pena di fucilazione loro o dei loro parenti, molti Alpini, come tantissimi giovani, furono a un bivio. Tornare a servire per un Regime che aveva dimostrato tutta la sua protervia e la sua disumanità, oppure rifiutarsi e creare delle bande armate che aiutassero le forze alleate e il Re legittimo di stanza in Sud Italia ? Molti di loro fecero la scelta giusta: non è un caso se le prime bande partigiane anche in Valsassina fossero state guidate da ex Alpini che scelsero ancora una volta la montagna, come il Capitano Mario Cerati a Introbio o il Tenente Battista Todeschini a Premana (fucilato nel 1944).

Erano del resto gli unici che sapessero usare le (poche) armi di cui i Partigiani disponevano: il loro contributo fu indispensabile e decisivo, fino alla conclusione della Guerra, il 25 Aprile 1945.

Ripensando a queste cose, si capisce allora che l'Italia e gli Italiani hanno un grosso debito con gli Alpini: celebriamo sicuramente le battaglie in cui si sono distinti, ma non dimentichiamo anche questi episodi che hanno avuto un'incidenza davvero rilevantissima nella recente storia italiana.

 

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Domenica, 10 Luglio 2022 13:54

GRANDE SFILATA DEGLI ALPINI A PASTURO SABATO 9 GIUGNO

Grande festa sabato pomeriggio a Pasturo per la presenza degli Alpini del 9* Reggimento Alpini 108* Compagnia , che tra Bajedo e Pasturo è stato impegnato in attività celebrative di una nuova Piazza e di omaggi ai monumenti storici ai caduti valsassinesi delle due Guerre Mondiali.
Il pomeriggio è iniziato alle 15,30, con ammassamento degli Alpini nella Piazza Don Gnocchi a Bajedo. In mattinata gli Alpini erano andati al Pian delle Betulle, per un omaggio alla Chiesa del Battaglione Morbegno dove sono conservate le "marmette" in ricordo dlela Campagna di Russia, poi a Casargo dove hanno partecipato alla intitolazione della nuova via dedicata agli "Alpini d'Italia".

Nella piazza Don Gnocchi oltre agli Alpini della 108* è arrivata anche la Fanfara Alpina della Brigata Taurinense, che oltre al Corpo Musicale Bruno Colombo di Pasturo ha scandito le marce di spostamento e suonato musiche della tradizione patriottica italiana.

Sempre a Bajedo presso il Monumento ai Caduti è stato reso omaggio con una corona di fiori ai caduti delle due Guerre, alla presenza di diverse autorità civili: la Presidente della Provincia Alessandra Hofmann, il Presidente della Comunità Montana Canepari, il Sindaco di Pasturo Pierluigi Artana.

Successivamente la marcia è ripresa per recarsi prima davanti al Comune di Pasturo, con un nuovo omaggio al Monumento ai Caduti posto davanti al Palazzo Comunale, poi nella nuova piazza dedicata al Milite Ignoto, un parcheggio vicino alla via principale, con scoprimento della targa comunale e del monumento dedicato al Milite Ignoto.

"Abbiamo partecipato a un progetto di AssoArma - ha ricordato il Sindaco Artana - che insieme all'ANCI vedeva la partecipazione di ben 385 Comuni in tutta Italia.
"Di questi più di 200, tra cui Pasturo, hanno dato la loro disponibilità a dedicare una via o una Piazza al Milite Ignoto". Artana ha quindi ricordato la storia del Milite Ignoto, scelto casualmente per la celebrazione del 4 Novembre 1921 tra tre feretri di soldati italiani caduti nella Grande Guerra del '15-18, e portato a Roma come simbolo di tutti i soldati italiani caduti per la Patria.

"Il sasso che trattiene la targa comemorativa - ha concluso il Sindaco - è arrivato dalla Grigna e simboleggia tutto il nostro territorio"

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Domenica, 10 Luglio 2022 09:43

PER LO SVILUPPO DI UN TURISMO DI MONTAGNA A LECCO. L'OPINIONE DI FABIO DADATI

Oggi su La Provincia di Lecco cerco di spiegare meglio il mio punto di vista sul turismo, il lago e la montagna a Lecco.
E' importante riprendere il tema montagna e sviluppo del turismo a Lecco e limitrofi in modo più approfondito.
La premessa è che parliamo di Lecco e non di Valsassina, nel secondo caso il quadro cambia completamente.
Il punto fondamentale del ragionamento è che si tratta di turismo, quindi di un’attività economica ben precisa, diverso è il tempo libero e le preferenze dei residenti di cui le amministrazioni locali devono tenere conto per definire le loro strategie: sviluppare il turismo, oppure puntare sull’escursionismo, o anche non considerare nessuno di questi due aspetti, o meglio considerarli entrambi.
Il rapporto dei lecchesi doc con la montagna è molto stretto e possessivo, bisogna rispettarlo e tenerne conto.
Fatta la premessa entro nel merito, negli ultimi dieci anni il turismo si è sviluppato in misura significativa anche nel nostro territorio.
L’offerta di posti letto si è ridotta in termini alberghieri ma è cresciuta in valore assoluto con la nascita di B&B e case vacanza.
La sfida che avevo lanciato quando nel 2009 divenni assessore provinciale al Turismo e coordinatore del Sistema Turistico del lago di Como, di promuovere anche Lecco all’interno dei brand Lago di Como e Milano è risultata vincente, i risultati si sono visti dall’EXPO 2015, e con il contributo dell’indotto del Polo di Lecco del Politecnico di Milano, e negli ultimissimi anni con il riconoscimento di Lecco nella proposta Lake Como da parte di tour operator, agenzie e turisti individuali di carattere internazionale. Prima, gli operatori ed i viaggiatori prendevano in considerazione solo il centro lago ed il bacino comasco.
La differenza si è fatta sentire, nel primo caso in ambito del turismo business, nel secondo nell’area turismo leisure.
L’esperienza mia e dei miei colleghi albergatori mi permette di affermare con certezza che i turisti (chi pernotta almeno una notte) vengono a Lecco per il lago o per lavoro (congressi, convegni, oltre che clienti, fornitori delle aziende del territorio), praticamente nessuno per la montagna (diverso è in Valsassina, ma con numeri inferiori).
Posso anche affermare che il recente riconoscimento internazionale di Lecco nel Lake Como offre ancora spazio di crescita. Per questo il mio parere è che si debba iniziare ad investire in modo serio sul lago in termini di servizi e promozione.
Da segnalare che oggi Lecco e dintorni, come tutto il Lago di Como non ha capienza sufficiente in alta stagione per accogliere nuovi flussi di turisti.
La montagna di Lecco, invece, è vissuta dai lecchesi, dai brianzoli ed in generale da chi viene in giornata per una gita all’aria aperta o per fare sport.
La risposta alla domanda sullo sviluppo turistico della montagna lecchese deve tenere conto di una serie di considerazioni: le sue caratteristiche, in che modo è strutturata la domanda di turismo (ricordo che parliamo di chi dorme sul territorio a pagamento, non da amici), quale è la concorrenza individuando un benchmark.
Se vogliamo sviluppare un turismo proprio della montagna a Lecco dobbiamo confrontarci con località ben diverse, che basano tutta la loro economia su questo settore economico, che hanno dimensioni e morfologia ben diverse e più agevoli, citavo Livigno e il Trentino Alto Adige, ma anche molte aree della Svizzera. Vincere la sfida con loro e rubargli turisti è molto difficile.
Se, invece, parliamo di escursionisti è un fatto che il nostro territorio è preso d’assalto ogni fine settimana.
Questo non significa che sia contrario a lavorare sul turismo in questa direzione, anzi, concordo che l’anima lecchese va trasmessa al turista e l’anima lecchese è montanara non laghéé.
Il turista medio che viene oggi sul nostro territorio non ha particolari esperienze in montagna, non è particolarmente allenato, deve essere guidato e le proposte che gli vengono fatte devono essere compatibili col suo profilo.
In questo ambito va considerata l’opportunità di rendere più fruibili, sicuri e segnalati i sentieri lecchesi, distinguendo da quelli più complicati e pericolosi (non per i lecchesi, ma per chi la montagna non la conosce e rischia di farsi male o la vita anche solo salendo al San Martino) a quelli più semplici e fruibili, creando un anello accessibile sia per chi cammina che per chi va in bici.
In termini economici, bisogna creare un prodotto sicuro, riconoscibile e proponibile, così come si è iniziato a fare col “Sentiero del Viandante” da Lecco a Colico, questo a mio giudizio è un esempio positivo che sarà completato con la passerella ciclo pedonale da Lecco ad Abbadia migliorando in modo significativo il primo tratto, che farà vivere in modo più diretto l’esperienza “lago e montagna”.
Nelle mie semplici escursioni sulle nostre montagne a piedi o in mountain bike (non sono un alpinista, non sono molto allenato), mi sono reso conto che si può fare ancora molto sulle infrastrutture, che non significa ne stravolgere, ne rendere la montagna lecchese un luna park, come, purtroppo, lo è già oggi in alcuni casi. Chi mi conosce sa bene che la mia visione di turismo è la più lontana possibile dal consumo di massa, ma è legata ad una fruizione sostenibile e consapevole basata sulla cultura ed il benessere.
Io partirei da qui, dal prodotto: definizione dei tracciati che consideriamo idonei al turista medio che viene a Lecco, sul Lago di Como, manutenzione per renderli più sicuri ed accessibili, punti di partenza con parcheggi e collegamenti con mezzi pubblici adeguati e segnalati in modo chiaro (se non abbiamo parcheggi tanto vale proporre), chiara e rindondante segnaletica lungo il tracciato (non diamo per scontato che questo profilo di utente della montagna abbia familiarità con GPS, segnaletica base, etc…).
Poi segue il resto: messa in rete del prodotto con agenzie e tour operator, guide e strutture ricettive, promozione, etc..
Non dimentichiamo mai che il turismo deve essere sostenibile per un territorio e le sue genti, deve regalare emozioni ed esperienze a chi arriva e deve far vivere meglio chi in quei luoghi ci vive.
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Sabato, 09 Luglio 2022 16:05

PRESENTATO IL 67° CONVEGNO DI STUDI AMMINISTRATIVI DI VARENNA

Venerdì 8 luglio, nella sala del Consiglio della Provincia di Lecco, si è svolta una conferenza stampa per la presentazione del 67° Convegno di studi amministrativi, in programma dal 22 al 24 settembre a Villa Monastero di Varenna, organizzato dalla Provincia di Lecco e dal Consiglio di Stato sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.

Sono intervenuti la Presidente della Provincia di Lecco Alessandra Hofmann e il Consigliere della Corte dei conti Amedeo Bianchi, direttore organizzativo del Convegno.

Qui sotto il programma completo. Spicca, ovviamente, la presenza in sede di inaugurazione del Presidente del Consiglio, prof. Mario Draghi.

 

 

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Sabato, 09 Luglio 2022 10:41

PRO RETT RICERCA: RINNOVATO IL DIRETTIVO. MICHELE BARUFFALDI VICE PRESIDENTE

La recente Assemblea dei soci ha riconfermato il Consiglio Direttivo dell'associazione, dando il benvenuto a un nuovo Consigliere: Andrea Bianco (#bergamo). Salvatore Franzé è stato rieletto Presidente, così come Michele Baruffaldi (#lecco) con la carica di Vicepresidente.

Sono stati rieletti anche i Consiglieri Rita Bernardelli (#mantova), Giovanna Lembo (#genova - non presente in foto), Orietta Mariotti (#roma) e Alessandro Sissa (#lodi).

Facciamo loro un grande "in bocca al lupo" con la certezza che sapranno continuare a lavorare con genuinità e determinazione alla ricerca di una cura per la sindrome di #Rett... perchè una cura è possibile e solo attraverso la ricerca scientifica riusciremo a trovarla!

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