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Pubblicato in Cultura

SPESSARTINA

Venerdì, 05 Febbraio 2021 06:49 Scritto da  ELIO SPADA

 Simile ai pesci che sono presi
dalla rete fatale e agli uccelli
presi al laccio, l'uomo è sorpreso
dalla sventura che improvvisa
si abbatte su di lui
Qoelet 9, 12

 

Ero uscito piuttosto tardi. Alle 11 stavo ancora aspettando che mi servissero il pane. Davanti a me una signora anziana che non sapeva decidersi: “Ma quel prosciutto mi sembra un po' secco. È dolce?. Me ne dia un etto. Tagliato sottile però. No aspetti. Mi dia un etto di bologna. Ma non è troppo salata, no? Col sale devo starci attenta per via della pressione alta. Devo anche curare la licemia per via della diabete. Anche la cateratta mi…”

L'elenco dei malanni e delle relative terapie proseguì a lungo. Insomma una tira tardi terribile. Alla fine sono comunque riuscito ad entrare in possesso delle mie tre michette e sono scappato con la ferma intenzione di raggiungere casa nel minor tempo possibile e lungo la strada più breve. Dovevo preparare il pranzo. Qui, al Nord del Nord, si pranza a mezzogiorno in punto. Meglio se un po' prima. In caso contrario si produrrebbe una gravissima, imperdonabile, impensabile violazione della lex prandialis ubiquamente imperante nelle plaghe neoceltiche.

Il mio problema (ma ancora non lo sapevo) ha avuto inizio proprio per questo banale motivo. Infatti, nonostante l’autorevolissima opinione di Euclide, la distanza più breve fra due punti non è quasi mai una linea retta. Anche perché, se lo fosse sempre, nel mio caso seguire un percorso rettilineo per il rientro fra le pareti domestiche avrebbe comportato il problematico attraversamento fisico di almeno due robusti muri perimetrali della chiesa parrocchiale. E di un imprecisato numero di diaframmi laterizi, certo più esili, ma non per questo meno impervi, di quelli ecclesiali. Insomma, nelle circostanze di cui si tratta, il grande geometra alessandrino non mi è stato di alcun aiuto. E non lo sarà neppure in seguito, come vedremo, nonostante il suo celeberrimo postulato delle rette parallele. Le quali, come è politicamente assodato, spesso si piegano ad inusitate convergenze.

Per farla breve, ovviamente dopo aver pagato, ho seguito di buon passo un percorso composto di linee ragionevolmente spezzate in direzione di casa. Ma c’è sempre, nelle nostre vite mortali, un avversativo più o meno importante.
Tutto accade in brevi istanti fatali, alle 11.17. Aggiro l'angolo della chiesa e quasi mi scontro con il Gigi. In genere ci salutiamo con un sorriso distrattamente inespressivo e le rispettive traiettorie proseguono senza incrociarsi. Ma ieri le parallele delle nostre vite (Euclide mi perseguita!) si sono intersecate al termine di una fulminea quanto negativa co-incidenza. A mia parziale discolpa sottolineo la circostanza che l’iniziativa è stata del mio interlocutore:

“Ciao, scusa se non mi fermo ma ho un appuntamento con il capo minatore. Vado a visitare le miniere di barite a...”.
Gigi è un miner – archeo – astro - entomo e quant'altro - logo. Per inciso: quant'altro è un'espressione della quale il Gigi abusa con frequenza impressionante. È, se mi capite, l’analogo adulto di quel cioè che riempie di vuoto il vuoto del gergo adolescenziale, dell’eloquio smunto di chi parla troppo in fretta, dei commenti delle tifoserie nei bar e quant’altro. Ecco...
E io, scemo, invece di limitarmi a salutare con un rapido cenno del capo, labbra tese a scoprire appena cortesemente incisivi e canini e a tirare dritto, mi lascio scappare un'innocente, scriteriata, inconsciamente suicida e sciaguratissima domanda. Buttata lì quasi per una forma di asettica gentilezza.: “Barite?”
Non un vero interrogativo. L’equivalente di un mmmh. Solo questo. Giuro che non me ne frega niente della barite. Ma il daimon che sempre ci agisce dispone diversamente. Ma il destino si era messo in moto con inarrestabile protervia.
“Sì, barite!” gorgogliò con orgoglio il Gigi.

Voce dal sen fuggita… Mi resi conto quasi subito dell'errore. Anzi; ora ho la chiara consapevolezza di aver intravisto l’avvento del dramma ancor prima dell’irrimediabile interrogativo. Prometeo, archetipo dell'autolesionismo, fa proprio questo: prevede ma non vede. Improvvisamente il cielo si era fatto deserto. Le rondini, che fino a pochi secondi prima popolavano l'azzurro con rapidi ghirigori, erano scomparse precipitando il mondo nel silenzio d'una premonizione fatale. Capii immediatamente con terrore di aver messo in moto un inarrestabile Maelstrom.

Video meliora proboque sed deteriora sequor. Lo studio del latino è del tutto inutile. Come la cultura in genere. Non servono mai ad evitare gli errori; solo a giustificarli o a spiegarli ex post, dunque a catastrofe avvenuta. Un po’ come è accaduto al povero Adamo il quale ha capito solo a cose fatte il guaio nel quale si era cacciato. Prima di addentare la mela (o era un fico?) non sapeva di far male. Ovvio: soltanto attingendo all’albero proibito sarebbe stato in grado di distinguere il Bene dal Male, il giusto dall’ingiusto, il Sé dall’Io. Infatti appena ha sbocconcellato il frutto gli è piombata addosso la tragica illuminazione: troppo tardi. Era già troppo tardi anche prima, quando non sapeva ciò che stava facendo. Dopodiché “…con sofferenza trarrai il nutrimento dalla terra (…) col sudore della fronte mangerai pane finché tornerai alla terra…” e quant’altro. Pardon! Insomma, ormai era fatta anche per me. Anch’io, misera progenie adamitica, non sapevo quello che stavo facendo. Tiremm innanz.

Ore 11.23 - Negli occhi abissalmente sbiaditi del Gigi trascorre una luce improvvisa, appena accennata, tuttavia vividamente perfida.
“La barite è un minerale di bario. Solfato di bario per essere precisi con densità relativa 4,5 e durezza 3 della scala Mohs...”
Mi stavo già chiedendo dove avevo sbagliato quella mattina. L'orario di uscita da casa? Ero sceso dal letto col piede sinistro? Il mio ascendente zodiacale era incazzato perché lo trascuravo? Chakra disallineato? Karma negativo? Le ipotesi vorticavano nella mia mente mentre le orecchie venivano travolte da un torrente mineralogico inarrestabile: “...cristallizza nel sistema rombico, e solitamente è incolore o bianca...”
Mi doleva una spalla perché, nel tentativo di sganciarmi, più inconscio e velleitario che realizzabile, torcevo con forza il braccio destro dietro la schiena. Ma la fuga era bloccata da un'infinita serie di durissime concrezioni cristalline protundenti dal cavo orale del Gigi.

“...può essere anche gialla o azzurra. In metallurgia viene chiamata ganga”.
Ore 11.31- Stavo affondando irrimediabilmente in una ganga vischiosa di suoni per me senza senso. E il tempo se ne andava con tirannica rapidità. Vano ogni tentativo di fuga dalla crudeltà ctonia del mio interlocutore. Arrischiai una disperata autodifesa isolandomi dall'insopportabile rumore di fondo causato dal Gigi, pensando intensamente a quale tipo di sugo avrei preparato per mezzogiorno: vongole? Una bella carbonara allo zafferano? Però anche aglio e olio a freddo... Forse ho finito il parmigiano.

Cercavo di piegare la volontà in una parabola di salvezza separando la mente dal corpo, l'anima dalla carne, me stesso dal mondo e dal Gigi tentando una salvifica evaporazione. Fingevo, ora lo so, la dissoluzione mistica per sottrarmi al funesto demiurgo dagli occhi di ghiaccio. Invano: la vena di barite era tutt'altro che esaurita.

Ore 11.35 - “...I suoi impieghi principali riguardano la preparazione di composti di bario e il pigmento bianco per le vernici. Circa il 90 per cento dei prodotti dell'industria degli smalti. A dire il vero i colori acrilici...”.
Il Gigi è spietato. Il monologo oracolare non dava alcun segno di esaurimento. Io sì. Tentavo anche, ormai privo di speranza, la meditazione trascendentale puntando al dissolvimento dello spirito nella perfetta assenza di presenza. Invidiavo gli asceti stiliti che nei secoli bui erano in grado di separare la mente da corpo per galleggiare nel silenzio delle immateriali regioni iperuraniche. Agognavo la levitazione verso un lontanissimo empireo. Ma l’invincibile gravità delle onde sonore emesse dal Gigi mi tenevano prometeicamente incatenato a un duro destino composto di purissima barite.
“...pigmenti legati da resine sintetiche o da resine a base di acetati polivinilici. Ma questo è un altro discorso.”
Terrorizzato dalla minacciosa possibilità di un "altro discorso" ero in preda all'angoscia più profonda. Buttai lì un pigolante: “Beh, allora divertiti. Ci vediamo”.

Mi sembrava di aver intuito (la disperazione produce illusioni, miraggi e fate morgane di ogni tipo) che la miniera orofaringea del Gigi fosse sul punto di esaurirsi. Stavo per aggiungere che era tardissimo, che i fornelli, diversamente dal paradiso, non potevano attendere, che dovevo proprio andare, che, cazzo! era proprio tardi... Chissà che lo stratagemma non funzionasse davvero.

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Ultima modifica il Venerdì, 05 Febbraio 2021 06:53
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