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Pubblicato in Cultura

"IL TEMPIO DELLA VELOCITA'": STORIA DELL'AUTODROMO DI MONZA

Mercoledì, 15 Settembre 2021 07:46 Scritto da  IL CURIOSONE

Domenica scorsa si è svolta l'edizione 2021 del Gran Premio d'Italia di Formula 1 all'Autodromo Nazionale Monza, universalmente conosciuto come il Tempio della Velocità, un punto di riferimento per gli sport motoristici, ma quanti sanno la storia?

L'autodromo fu inaugurato nel 1922 nel Parco reale e venne costruito in soli 110 giorni per volere dell’Automobile Club di Milano. Un’impresa straordinaria per il quale venne mobilitata una squadra composta da 3.500 operai, 200 carri, 30 autocarri, e impiegata persino una ferrovia “décauville” lunga 5 chilometri, con due locomotori e 80 vagoni per il trasporto dei materiali.
Come sempre, partiamo dall'inizio...Bisogna tornare indietro al 29 luglio 1900, quando Gaetano Bresci uccide Umberto I a Monza e il re spira proprio all’interno della Villa Reale, che per la monarchia diventa un luogo oscuro. Vittorio Emanuele III farà poi chiudere la residenza e trasferire al Quirinale gli arredi, così sulla piccola Versailles brianzola calerà l’oblio.

Finita la Prima guerra mondiale, il parco di Monza finisce in mano all’Opera Nazionale Combattenti, che l’aveva ricevuta dal re Vittorio Emanuele III, desideroso di disfarsene anche per la cattiva nomea del luogo per casa Savoia, che a sua volta lo gira a una società emanazione dell’Automobile Club di Milano, che non vuole perdere l’occasione di entrare nella modernità: perché le voci girano, e pare che in Francia stia per aprire un circuito alle porte di Parigi.
Agli albori degli anni Venti infatti le competizioni automobilistiche più note si correvano ancora su strada. Il primo circuito chiuso del mondo, Brooklands nel Regno Unito, aveva aperto nel 1907, due anni dopo aveva aperto negli Usa la pista “ovale” di Indianapolis. Ma a parte questi due casi, non esistevano altri esempi di piste fisse.
In questo contesto ancora pionieristico s’inserì appunto la proposta del giornale La stampa sportiva “perché nasca la pista automobilistica in Italia”.

Insieme alla proposta di una pista nazionale, l’articolo della Stampa Sportiva sosteneva appunto una scelta geografica precisa, la “classica brughiera di Gallarate”, vale a dire quel terreno quasi incolto che si estendeva tra Gallarate (che allora era una delle quattro città principali della provincia di Milano, sede di sottoprefettura) e il Ticino.
La storia e la realtà di oggi ci dicono che le cose andarono diversamente dai primi intendimenti: tredici mesi dopo l’articolo della Stampa Sportiva, sul finire del febbraio 1922, iniziavano i lavori dell’autodromo di Monza.
Il governo fascista allora in carica aveva quindi stabilito di sfruttare questo immenso territorio dotandolo di servizi sportivi, come piscine e campi da tennis, e strutture per l’accoglienza di orfani.
La costruzione del circuito, ben 10 km di tracciato stradale contro i 14 inizialmente progettati, si inseriva perfettamente in questa nuova visione del Parco.
La pista fu terminata in tempi record con soli tre mesi di lavori per i 5,5 km di pista e i 4,5 km di anello per l’alta velocità; lo scopo del circuito non era però solo legato alla finalità sportiva, infatti la struttura fu spesso utilizzata per testare novità scientifiche legate alla materia stradale.
Ad esempio l’asfalto drenante, i guard-rail e il telepass sono stati sperimentati proprio a Monza.
Le gare che si disputarono sul circuito erano famose per le grandi velocità raggiunte: moto e automobili da corsa registravano qui record su record. Tuttavia la spericolata velocità fu la causa di numerosi incidenti, in alcuni casi anche mortali; nel 1928 il pilota Emilio Materassi perse il controllo dell'auto sul rettilineo d'arrivo e piombò in mezzo al pubblico assiepato a bordo pista uccidendo 20 spettatori e ferendone oltre 40. Nel 1933, durante la seconda batteria del Gran Premio di Monza, gara di contorno che seguiva il più importante Gran Premio d'Italia, al primo giro, il pilota Giuseppe Campari sbandò su una macchia d'olio all'ingresso della curva sopraelevata sud e uscì di strada, rovesciandosi nel fossato che fiancheggiava la pista e morendo sul colpo. Sulla stessa macchia d'olio, alle sue spalle, uscirono di pista anche Borzacchini, Castelbarco e Barbieri: il primo, soccorso ancora vivo, morì poco dopo, mentre gli altri due ne uscirono quasi illesi. Nonostante le proteste degli spettatori la gara non venne interrotta e durante la finale, in un secondo incidente nello stesso punto della pista, perse la vita anche il pilota Czaykowski.

E come non ricordare tra questi il celeberrimo episodio che vide protagonista Alberto Ascari, morto in pista durante un giro di prova nel maggio del 1955, nel punto in cui oggi si trova la variante che ne porta il nome.
Per rendere il tracciato più sicuro furono apportate negli anni numerose modifiche, eliminando lunghi rettifili a favore di chicane e rinunciando ad utilizzare alla spettacolare curva parabolica; rispetto agli esordi, il percorso di gara oggi risulta notevolmente ridotto a 5,793 km di pista.
Curioso fu l’utilizzo del circuito durante la Seconda Guerra Mondiale: in una sezione dell’Autodromo di Monza furono infatti sfollati gli animali esotici del giardino zoologico di Milano. Disgraziatamente un grande felino riuscì a fuggire da una gabbia e uccise il guardiano che aveva cercato di riacciuffarlo. Nell’aprile del ’45 invece una sfilata di mezzi corazzati alleati distrusse il fondo stradale e furono quindi necessari grandi interventi per ripristinare l’utilizzo della pista.
Dalla fine 1945 e per oltre due anni, il circuito fu destinato allo stoccaggio dei residuati bellici gestiti dall'ARAR. Nella primavera del 1948 furono iniziati i lavori per rimediare ai danni causati dagli eventi bellici. Curiosamente le curve sud furono dotate di una pavimentazione in cubetti di porfido, particolarmente pericolosi e sdrucciolevoli in caso di pioggia. Il 17 ottobre 1948 viene inaugurato il nuovo ingresso pista ed altre strutture dell'autodromo.
Il 25 aprile 1965 si corse la prima 1000 km di Monza e venne posizionata una chicane prima dell'imbocco della Sopraelevata Sud per rallentare la velocità in entrata delle auto in curva.
L'ultima gara ufficiale sulle sopraelevate fu la 1.000 km del 25 aprile 1969, da allora si sono corse solo rievocazioni storiche.
Negli anni settanta, crescendo sempre più la velocità (nel Gran Premio del 1971 fu superata la media dei 240 km/h) e con essa la pericolosità del tracciato, si resero necessari nuovi interventi per rallentare la pista: dapprima furono realizzate delle chicane provvisorie, quindi nel 1976 si costruirono tre varianti permanenti in altrettanti punti del tracciato. La lunghezza della pista aumentò lievemente e diventò di 5.800 metri.

Ulteriori interventi per migliorare la sicurezza furono effettuati nel 1994, 1995, 2000, e 2014.
Che la presenza del circuito abbia alterato gli equilibri del Parco, è indubbio e fuori discussione: le prospettive naturali create da Luigi Canonica, la vegetazione secolare e la fauna hanno risentito enormemente di questo massiccio intervento su un’area molto ampia.
Monza però oggi è anche l’Autodromo: una struttura e una tradizione che rendono la città famosa nel mondo, della quale difficilmente si riesce ad immaginare di poter rinunciare. La discussione però tra favorevoli e contrari alla presenza della pista nel Parco è sempre aperta, e il dibattito sembra non esaurirsi mai.
Fonte: www.monzareale.it

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