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Pubblicato in Cultura

DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO NELL’OTTAVA DI NATALE

Domenica, 29 Dicembre 2024 09:31 Scritto da  Don Stefano Colombo

A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il verbo si è fatto Carne e venne ad abitare in mezzo a noi e chi lo accoglie può diventare ed essere figlio di Dio. Si è fatto carne. Ha fatto il contrario di ciò che vogliamo fare noi della nostra stessa vita. Vorremmo salire, ascendere nell’alto dei cieli, vorremmo sganciarci completamente dalle nostre fragilità, dai nostri limiti. Vorremmo volare sempre più in alto distanziandoci da tutti per essere i più grandi, i migliori. Vorremmo allargarci, prendere sempre più spazio, invadere ogni cosa e farla nostra per essere “unici”.

Dio si è mosso in modo contrario a quello che vorremmo fare noi. Si è fatto piccolo, fragile, vulnerabile. È disceso, un movimento che accompagnerà tutta la sua esistenza fino a quando discenderà nella tomba. Il Verbo si è fatto parola che non parla, si è fatto pianto e sorriso. L’altissimo si è fatto piccolo, il forte si è fatto debole.

Questo per farci figli di Dio, come lui. Intuiamo l’infinito amore per noi che ha motivato questo movimento. Ci riempie di leggerezza, di gioia il riuscire a comprenderlo.

Rimane sempre per noi la fatica di “muoverci” come lui, di essere Figli come lui, Figli “nel” figlio.

Dovremmo imparare a fare piccoli passi dentro il cammino che ha fatto lui.

Scendere dai palchi, dai piedistalli, scendere nella piccolezza e imparare ad amarla, nella fragilità e curarla e custodirla. Scendere per farci vicini a tutti e incontrarli con libertà liberante. Scendere nel silenzio perché canti l’amore. Scendere per abbandonarci al Padre fidandoci. Scendere per salvare il mondo perché coinvolti e sporcati dal suo sangue, scomodati dal suo grido, provocati dalla sua fame d’amore. E finalmente non sopportare più di essere come siamo e desiderare con tutte le nostre forze di essere Figli e fratelli.

Venne ad abitare in mezzo a noi, meglio mise la sua tenda in mezzo a noi, si attendò tra noi. Come non pensare alle tende dei campi profughi, alle tende dei poveri che migrano verso le grandi città, alle tende dei terremotati, degli alluvionati. Scende e va lì. Il figlio dell’altissimo lì dentro una inconfondibile fragilità. E noi? Fuori e lontani dalle tende addirittura spinti all’odio verso chi, non per scelta, le abita.

È un pensiero che mi fa desiderare ancora di più di imparare da ciò che ha fatto Dio per regalarci se stesso e il suo mondo e salvarci veramente, e continuare a non sopportare più che le parole del Vangelo, le scelte di Dio, le strade indicate da lui vengano ricordate, esaltate e celebrate solo nelle liturgie e non vissute nella vita. Vorrei tanto che il mondo si riempisse di figli di Dio e non più di figli della morte.

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