Era una Pasqua “bassa” quella del 2008. Cadeva il 23 marzo. Perchè proprio 2008? Perchè non era una Pasqua qualsiasi. Me la ricordo ancora con nitida precisione. Per questo trascorro il passato nel presente. Storico, certo, ma pur sempre presente. Pasqua di resurrezione. Sto per “risorgere” anch’io. Dormo quasi sempre un sonno profondo, incosciente. I miei sogni non sanno riconoscersi.
Con stupore abbandono ad ogni risveglio questa specie di morte. La vita mi riconquista tardi. Dalle tende della camera da letto filtrava una luce opaca e silenziosa. Sono coricato sul fianco destro. L'orecchio premuto sul cuscino capta il pulsare ritmato e lento delle arterie. Non è un suono, né un rumore. Piuttosto uno stato d'animo. Quell'immersione bianca teneramente ottusa del primo mattino, che precede di poco l'abbandono completo del sonno. Mi stupisce, soprattutto, il silenzio. L'assenza totale di segnali esterni di vita. Persino i merli, per solito spensieratamente musicali, tacciono assorti.
Fatico a capire se si tratti di veglia o del suo contrario. Un biancore lattiginoso, timidamente reale, percola lento dai tendaggi. Dove fino a ieri c’era la parete Fasana, ora c’è solo un nebuloso, sbiadito grigiore che sta pervadendo anche i sensi. Allungo un braccio sporgendomi cautamente sull'orlo del letto. Scosto la tenda. Precipito dalla realtà del sogno. Sogno vivo, opalescente di pura assenza. Tutto è bianco. Il silenzio si insinua lento, dovunque. Milioni di piccole scaglie leggere popolano mute lo spazio esterno dilatandolo in un tempo immobile, remoto, indolente.
Stratificato candore modella con sapienza afona tetti, prati, alberi, strade. Esternità anecoica priva di vita e di vite. Poi, chissadove, il suono stridente di una lama sull'asfalto a frantumare la lenta veglia. Dieci minuti più tardi, in cortile, affondo una larga pala d'allumino nel corpo candido che ricopre il suolo. Poco distante, nel bianco intenso di un nulla che sfarina copioso su tutto, la piccola macchia nera di un merlo cerca inutile riparo presso un camino incappucciato. Ne avrò per almeno un'ora. E penso a un inevitabile ma vicinissimo futuro. A dolorose vesciche, a una schiena rigida e dolente, a braccia pesanti e conseguentemente doloranti. Pasqua di passione. Me ne ricordo bene. Non era una Domenica qualsiasi. Era Pasqua e cadeva il 23 marzo 2008 anche a Introbio.
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