Voglio raccontarvi una storia, una degenza ospedaliera durata 7 mesi, la mia.
Partiamo con il ricovero in ospedale al San Raffaele di Milano. U
Un ospedale figo, avevo la mia suite, un caldo bestiale, i primi giorni tosti, non sapevo, nessuno sapeva che ne era della mia vita. Uno diceva che dovevo restare a letto per due anni inoperabile, un altro che non se la sentiva di fare un' operazione, i giorni passavano, i dolori aumentavano.
Il morale? Dovevo tirare fuori i coglioni, in primis per supportare la mia famiglia e i miei amici che non mi hanno mai abbandonato, seduti fuori sulle scale dell'ospedale, in sala d'attesa, e poi anche per me stesso, io sempre cosi atttivo, pieno di vita, sorridente, felice, messo a letto per una schiena distrutta, sia mai!
Finalmente arriva la buona notizia da un dottore fantastico: "operiamo, Davide te la senti?" O la va o la spacca, spacchiamo e andiamo!
Vengo operato il 10 luglio 2006, giorno dopo la finale dei mondiali vinti, ricordo solo dopo l'operazione essendo tutto fatto dalla anestesia che prendevo per il culo un tizio operato al naso, vabbè, torniamo in stanza, bisognava ricominciare a ricrearsi una vita.
Facile? No!
Nessuno sapeva cosa mi aspettava. Dopo due settimane e mezzo mi mettono seduto su una poltrona/carrozzina, una sensazione di vita bellissima, non sembrava vero, le piccole cose i piccoli gesti cominciavano a diventare grandi cose, quando vidi i miei genitori gli occhi rigonfi di lacrime, una grande emozione, forse forse si tornava a vivere, giorno per giorno.
Nel frattempo in tempo record ( a detta della mia infermiera spagnola) imparai a gestirmi e farmi i cateterismi: a ventun anni infilarsi un tubo nel pisello mai l'avrei pensato, passano i giorni e mi chiedono in quale unità spinale volevo andare, o Niguarda a Milano o Sondalo in Valtellina.
Optai per Sondalo, li si iniziava a fare sul serio.
Arrivato a Sondalo trovai tutto così nuovo ma cosi vecchio ma più familiare. Dopo un mese di san Raffaele qua era tutto diverso, sveglia presto, fisioterapia però, prima non vuoi mica essere operato a una piaga di decubito?
Sala operatoria, musica dei Kiss a tutto volume e poi un bel mesetto di letto forzato.
In stanza c'era un ragazzo sardo, un ragazzo ricco e pure simpatico che era capitato sulla mia stessa barca, ora non so se sia vivo o cosa faccia, ma non accettava sta situazione.
Ho visto per la prima volta cosa vuol dire tristezza, solitudine, depressione, una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere, qui o lotti o ti ammazzi, i casi son due, io ho scelto la prima opzione.
Passano i giorni, tra fisioterapia, visite di tante persone, era un gran bel puttanaio la mia stanza sempre e con qualche sorriso al ragazzo del letto a fianco siamo riusciti a tirarlo fuori.
Ne ho combinate tante in quell'ospedale.
Trovi persone che probabilmente non rivedrai mai più però diventa una piccola famiglia, aiuti i piu deboli, vieni aiutato, impari a vivere la nuova vita seduto, rubi il cibo ai tetraplegici, le carrozzine agli obesi e la usi con un amico sempre seduto come te.
Lavori su te stesso, sul tuo corpo, fatichi, fai incazzare le fisioterapista, ogni tanto limonavi, andavi al bar e le birrette erano il nettare degli dei: tutto questo lo racchiudo però in un unico pensiero, in ospedale per 7 mesi senza veder casa tua, senza sapere cosa trovi al ritorno, le lacrime che solo io so di aver versato durate le notti insonni, quella voglia di distruggere tutto e allo stesso tempo la voglia di vivere, io la definisco GUERRA, dove o lotti o muori, io ho svelto di vivere, ho scelto la vita, alzarsi, o meglio sedersi alla mattina, guardarsi allo specchio e dire, si ce l'ho fatta, vivo a testa alta nonostante tutto.
Io non voglio essere simpatico o avere attenzioni, o essere compatito, io sono semplicemente così, un enorme cagacazzo fiero di se stesso che ha vinto la sua guerra col destino.
E ce ne sarebbero tante altre cose da raccontare, magari un giorno, chissà....
Davide Rusconi
(Grazie a Davide per averci concesso di pubblicare questo suo post. Pensiamo rappresenti un esempio di vita come pochi altri. Ed un messaggio di speranza nella forza che ciascuno può trovare dentro di sè per continuare a vivere nonostante tutto)