Oggi in tutta Italia si celebra il Giorno del ricordo, solennità istituita per ricordare i massacri delle foibe e l'esodo giuliano dalmata.
Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".
Per chi ancora non lo sapesse, i massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA (un dipartimento dei servizi segreti jugoslavi).
Il nome di tali eccidi deriva dai grandi inghiottitoi carsici (chiamati in Venezia Giulia "foibe") dove furono gettati molti dei corpi delle vittime.
Per comprendere il massacro delle foibe bisogna andarne a ricercare le radici in quella contesa tra popolazione italiana e popolazione slava per il possesso dei territori di Nord-Est, quelli dell’Adriatico orientale. È una disputa che vide il suo inizio con la fine della Prima Guerra mondiale, quando il confine tra Italia e Jugoslavia venne delineato dalla cosiddetta “linea Wilson”: la Jugoslavia vide data all'Italia l’Istria, e circa 500mila slavi si ritrovarono a vivere in territorio italiano.
Una prima ondata di violenza esplose già durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, cioè dopo l’8 settembre 1943, quando l’Italia firmò l’armistizio con gli anglo-americani e i tedeschi assunsero il controllo diretto del Friuli venezia Giulia e dell'Istria (oltre che del Trentino). Con la fine della Seconda Guerra mondiale, gli attacchi contro la popolazione italiana si fecero via via sempre più violenti ed intensi: nell'Aprile del 1945, l’esercito jugoslavo guidato da Tito marciò verso i territori giuliani .
L’esercito di Tito, lungi dal voler aiutare l’Italia ed interessato solo a riappropriarsi delle zone territoriali, occupò Trieste e l’Istria, obbligando gli italiani che abitavano quelle zone ad abbandonare la propria terra. Molti furono i cittadini italiani (alcuni persino notoriamente antifascisti) che vennero uccisi dall'esercito di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati.
Gli infoibamenti si perpetuarono fino al 1947: l’esercito slavo si impadronì pian piano dell’Istria, operando una vera e propria pulizia etnica, obbligando gli italiani ad abbandonare la zona e sterminando coloro che decidevano di opporsi a tale violenza. Il massacro delle foibe iniziò a cessare solo a partire dal 10 febbraio 1947, quando la Jugoslavia riottenne ufficialmente le province di Fiume, Zara, Pola e di altri territori grazie al trattato di Parigi. L’Italia riuscì ad assumere pienamente il controllo di Trieste solo nell’ottobre 1954, con il Trattato di Osimo, vedendosi obbligata a lasciare l’Istria (che dal più lontano MedioEvo fino al 1796 faceva parte della Repubblica di Venezia) nelle mani della Jugoslavia.
Secondo le recenti stime, le vittime dell’eccidio delle Foibe furono tra le cinquemila e le diecimila: un dato di certo molto vago, frutto del silenzio che per circa un cinquantennio ha circondato il ricordo di tale massacro. Ad essere uccisi non furono solo fascisti e avversari politici, ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani titini. Le zone colpite furono quelle del Venezia-Giulia e dell’Istria, in cui ad oggi sono state trovate più di 1700 foibe.