Oggi è il 1° dicembre e stamattina, come magari molti di voi avranno fatto, ho cambiato la pagina del calendario.
Un gesto semplice, solo pochi secondi per passare dalla notte del 30 novembre alla prima mattina di dicembre, abbandonare il mese del ricordo per entrare in quello delle feste e della Nascita.
E nel compiere questo rito di passaggio non ho potuto fare a meno di pensare a ventidue anni fa, alla ferita mai rimarginata di quella notte, alle voci convulse che si rincorrevano mentre il rimbombo dei macigni si spegneva su case e aziende ma, soprattutto, nel cuore di chi, da quelle case, era stato mandato via solo poche ore prima e di quelle aziende avrebbe raccolto macerie.
Per non parlare di chi, qualche tempo dopo, ha dovuto assistere alla demolizione della propria dimora.
Non è facile spiegare ai giovani i sentimenti di quella mattina.
Non è facile dipingere quel quadro di nebbia che svaniva lasciando il posto ad una realtà inimmaginabile che avrebbe per sempre cambiato la geografia della Valle e la vita di tante persone.
Non è facile, ma bisogna fare in modo che il ricordo non svanisca, soprattutto quello dell'aver evitato vittime, e scusate se è poco.
Ora la frana è quasi irriconoscibile, ripopolata com'è da piante, arbusti e vegetazione di vario genere. Una ferita che la natura sta provvedendo a rimarginare e di cui fra qualche anno non resterà segno.
Mi chiederete perchè mai dovremmo mantenere viva la memoria di un disastro.
E la risposta è semplice come lo è stato cambiare la pagina del calendario.
Perchè dopo il disastro abbiamo assistito ad una straordinaria reazione corale, una dimostrazione fortissima di unità di intenti, un orgoglioso alzare la testa verso quella montagna per dirle che aveva sì vinto una battaglia, ma che la guerra, alla fine, l'avrebbe persa.
Morale: uniti e solidali si vince, si prospera e ci si costruisce il futuro anche partendo da una tragedia.
Sparpagliati, invece, no.