Le donne delle Associazioni che hanno sottoscritto il presente documento intervengono per
stigmatizzare il clima retrogrado e involutivo che caratterizza questo periodo storico, nel quale la
pandemia ha aggravato i problemi esistenti. La fragilità strutturale dell'occupazione femminile,
emersa anche dal dato relativo al mese di dicembre (il 97% di chi ha perso il lavoro è donna), va a
incidere ancora più negativamente sullo stato relativo all’occupazione femminile che vede l'Italia
fanalino di coda in Europa.
Con la chiusura delle scuole sulle donne è ricaduto il lavoro di cura,
spesso da conciliare con il lavoro svolto da casa. La violenza domestica è aumentata e anche i
femminicidi.
La pandemia ha trasformato la casa di tante donne in una trappola, a volte mortale. Ha aggiunto
isolamento all'isolamento.
In questo contesto le forze reazionarie del Paese, attraverso il movimento pro-vita, hanno reiterato
un vergognoso attacco all’autodeterminazione della donna in caso di aborto. I manifesti affissi in
molte città italiane, nei contenuti, colpevolizzano la donna trasformando il prodotto del
concepimento in “figlio”. E nella contrapposizione corpo della donna-corpo del figlio passa il
messaggio che lei non possa decidere cosa fare del proprio corpo, "dimenticando" che c'è una legge
dello Stato, la 194/78, conquistata dalle donne, che ne tutela la scelta. Legge che, in larga parte, è
incentrata sulla prevenzione, ormai largamente disattesa per la carenza del ruolo dei Consultori e
per la dilagante obiezione di coscienza che rende inattuabile la norma.
L'aborto non è una colpa, non è un reato: nessuna si deve giustificare, nessuno può giudicare.
L'aborto è una scelta perchè la maternità è una responsabilità delle donne. Non esiste il diritto di
nascere e l'obbligo di far nascere si chiama schiavitù, per questo non è legale. Si nasce perchè una
donna sceglie di essere madre.
Il ricatto del senso di colpa nei confronti della donna è tangibile, così come il ribaltamento di senso
operato in una società che tra: disoccupazione, occupazione povera, lavoro precario, diseguaglianze
salariali, carenza di servizi; condizioni che di fatto non consentono a donne e uomini una
progettualità di vita, nella quale pianificare anche la genitorialità consapevole.
Chiediamo che:
- di fronte a questi vili attacchi, così come avvenuto per i manifesti relativi alla ru486 le
Amministrazioni dei Comuni interessati si attivino perchè vengano ritirati e si compia un'azione di
sorveglianza preventiva su comunicazioni non rispettose nei confronti della donna e delle leggi
dello Stato.
- Si promuova un progetto culturale che a partire dalle scuole implementi l’educazione al genere e
alle sue differenze come valorizzazione, nel superamento degli stereotipi e della divisione sessuale
dei ruoli, perchè il lavoro di cura non ricada come automatismo sulle donne.
- Si promuovano politiche di sviluppo che consentano alla donna di avere un lavoro dignitoso, e vi
siano servizi che rendano possibile conciliare il tempo del lavoro con la genitorialità, uscendo dalle
logiche del welfare familistico dei bonus.
Con il Recovery Plan (Next Generation Eu) arriveranno risorse condizionate al rispetto
dell’ambiente e alla creazione di un diverso sviluppo sociale, con specifici obiettivi da raggiungere
sia sulle pari opportunità sia sul rafforzamento dell’occupazione femminile. Chiediamo al Governo
che la programmazione degli interventi economici sia vincolata al raggiungimento dell’obiettivo di
superamento del gap sociale esistente tra donne e uomini.
Chiediamo: riconoscimento, parità, potere.
Questo è il cambiamento che vogliamo!
Unione Donne in Italia-Lecco
Telefono Donna- Lecco
Altra metà del Cielo
Filo rosso
CGIL-UIL