Graziano Plati, oltre ad essere titolare di una rinomata azienda florovivaistica, è stato anche assessore in Comunità Montana ed è membro da più di trent'anni del Soccorso Alpino. Dopo l'intervento di salvataggio di escursionisti a Bobbio ha ritenuto opportuno divulgare una serie di riflessioni che riportiamo di seguito.
Se si continua così è inevitabile che presto tardi capiterà una sciagura e non me la sento di aspettare, senza fare nulla, che ci sia il morto per mettere un po' di ordine a delle procedure e a degli atteggiamenti che portano ad aumentare il rischio delle persone che chiedono soccorso e di chi le va a salvare. Mi chiamo Graziano Plati e da più di trent'anni faccio parte del Soccorso Alpino.
L'intervento di sabato per recuperare tre persone bloccate sui Campelli può sembrare un successo per il soccorso in montagna, ma per chi conosce le dinamiche e i fatti è l'esatto contrario: è uno dei tanti che sono capitati ultimamente, frutto di una cattiva collaborazione e di decisione sbagliate a diversi livelli. Nel dettaglio, la chiamata di aiuto fatta dai tre, arrivata alla centrale è stata smistata ai vigili del fuoco.
Non so per quale motivo un intervento con delle persone bloccate a 2.000 metri di quota, in inverno, nel tardo pomeriggio, in cima a una montagna sopra a degli sbalzi non indifferenti - tant'è che ci sono volute più di dieci calate per portarle in un terreno relativamente sicuro - venga dato in carico ai vigili del fuoco. Gli stessi dopo un po' (senza partire) hanno chiesto l'aiuto del Soccorso alpino per risolvere l'intervento: attivati i tecnici, si veniva nuovamente bloccati perché - di nuovo - i vigili del fuoco dichiaravano che avrebbero recuperato i malcapitati a carico loro con l'uso dell'elicottero.
Successivamente comunicavano nuovamente che abortivano la missione perché l'elicottero non partiva e, non so per quale motivo, le squadre terrestri dei vigili del fuoco non erano già partite. Nel frattempo, le condizioni meteo sono peggiorate e la presenza di nebbia non ha permesso il decollo dell'elicottero della centrale: tutto ciò ha comportato un grave ritardo nella partenza delle squadre territoriali che hanno dovuto operare da subito al buio in terreno impervio e senza conoscere l'esatta posizione degli infortunati, cosa che non sarebbe successa se si fosse stati attivati con la prima chiamata attorno alle 16 del pomeriggio. Il tempo perso nel rimbalzare le chiamate e nell'attivare un Corpo che è preparato per tante emergenze, ma non certo per lavorare in queste condizioni e in questi ambienti, poteva trasformare il recupero di tre escursionisti infreddoliti nel recupero di tre salme, e come ho già detto, non è la prima volta che questo succede.
La colpa di questi fatti è da dividere fra diversi soggetti: di certo di colpa ne abbiamo anche noi come soccorso alpino, perché non siamo capaci di farci valere presso gli enti preposti alla gestione delle emergenze. Alla nascita del 118, la collaborazione fra la centrale e il Soccorso alpino era proficua, in quanto vi era un dialogo costruttivo fra l'operatore e i referenti del Cnsas tra i quali si svolgeva una valutazione per individuare la migliore strategia per raggiungere le persone bisognose di aiuto. Il Soccorso alpino da parte sua metteva la competenza territoriale, la conoscenza dei luoghi, la preparazione tecnico-alpinistica e la conoscenza della situazione di quella specifica zona, in quello specifico periodo, data dalla continua frequentazione. Questi patrimoni non possono averli altri enti che non frequentano giornalmente e capillarmente le nostre montagne, non è una colpa ma è un'ovvietà.
Altra nostra colpa è quella dell'aver fermato praticamente da un anno la scuola tecnica, non permettendo così la formazione dei nuovi entrati, le selezioni e i vari corsi per chi volesse entrare a farne parte. Di questo passo anche i volontari di lungo corso vedranno scadere le qualifiche ottenute e, non avendole rinnovate, si troveranno a non essere più operativi dal punto di vista normativo. Naturalmente noi continueremo lo stesso a fare interventi come prima della nascita la scuola e della codificazione in modo così rigoroso e rigido relativamente alla formazione e al mantenimento dei tecnici, ma di certo la qualità del servizio non potrà migliorare.
Le persone ai vertici dei vari enti coinvolti nella gestione dell'emergenza mi dicono siano persone preparate e professionali: per quello che ho potuto constatare personalmente, mi sembrano tutte persone valide e di buon senso, pertanto non capisco perché non si riesca a trovare la soluzione per ottimizzare al meglio la gestione delle emergenze, ognuno con le sue competenze e nel suo ambito.
Spero che questo grido di allarme scuota i soggetti interessati e li sproni a trovare al più presto la soluzione, prima che ci scappi il morto. Non so di chi sia la competenza - se del prefetto, del responsabile della centrale operativa o del soccorso alpino -, ma di certo se dovesse succedere qualcosa di grave, non si potrà dire che non lo sapevamo, che non ne eravamo a conoscenza e che è una casualità, perché i segnali sono chiari ed è solo per fortuna che non è ancora capitato qualcosa di irreparabile.