Alla fornace dei Mantovani non é ancora scongiurato il rischio di avere un tetto metà coppi-metà lamiere, paragonabile a ”na scarpa e na zocola”: una pessima accoppiata fra antico e moderno.
Una mezza dozzina di anni fa, occupandomi dell'argomento avevo scritto della preoccupazione estetica e culturale che in Valle riguardava la querelle nata in merito alla copertura dell'edificio della ex fornace e anche del suo ampliamento. Essendoci passato davanti in quei giorni avevo detto subito che quelle lugubri e nere lamiere non mi piacevano affatto: erano proprio brutte da vedere perché dequalificavano e, a mio parere, ancora oggi offendono lo storico edificio di archeologia industriale. Il senso estetico e la cosiddetta “ tipologia locale” sono infatti un’altra roba: le lamiere vanno bene per la copertura dei pollai, non certo per il tetto di quel pregevole fabbricato. “Checiazzecca!!” avrebbe detto con voce tonante un segretario comunale che ha frequentato anche la Valsassina prima di diventare un famoso magistrato milanese e poi ministro della Repubblica. Più di qualcuno, ancora oggi dice con ironia tutta montanara, che mantenere la doppia soluzione coppi-lamiere, è infatti paragonabile a ”na scarpa e na zocola” e per apprezzare l'assunto non serve certamente la traduzione dall'idioma natio.
Durante i miei anni in Comunità Montana, ricordo di essermi occupato del futuro di questo edificio nel contesto del Piano di recupero dell’area ex Fornace e della nuova sede dell’Ente comunitario ma non ricordo affatto si prospettasse una soluzione così invasiva e non condivisibile. Il recupero dell’area pubblica prevedeva una serie di interventi di nuova edificazione destinati alla gestione e alla promozione del territorio ma nel rispetto del buonsenso oltre che della storia di un immobile simbolo sul territorio della Valle che, dunque, dovrà essere salvaguardato. La trasformazione avvenuta ritengo, invece, vada in tutt’altra direzione.
Evidentemente non sono stato l'unico a pensarla così se proprio in questi giorni si sta dando attuazione a una direttiva giunta dalla Soprintendenza per i beni archeologici, Belle arti e paesaggio che ha imposto alla Comunità montana della Valsassina di riposizionare i coppi in cotto in sostituzione delle inadatte "tegole portoghesi", provvisoriamente messe a dimora nel 2011 ma che se non fosse intervenuta l'Autorità costituita, come é costume e anche mal-costume in Italia, molto probabilmente sarebbero rimaste lì per l'eternità ma fortunatamente si sta finalmente ponendo un definitivo rimedio alla ultradecennale mancanza. Una domanda a questo punto sorge spontanea: ma bisognava per davvero scomodare la Soprintendenza? Non si poteva tutelare, spontaneamente, questo edificio di pregio così importante per la Valsassina e in bella vista proprio di fianco alla frequentatissima strada provinciale e a due passi della sede della nostra CM?
Da ultimo ma non per ultimo. Credo che la soluzione ideale anche per quanto riguarda il tetto della nuova costruzione che ospita quel museo sempre chiuso sia l’utilizzo dei coppi in cotto: uniformandosi alla originaria copertura dello storico fabbricato principale, la cosa, verrà apprezzata da tutti coloro che hanno mantenuto il buongusto e un senso estetico degno di questo nome. Continuare a far coesistere quelle tristi e "traslucide" lamiere con i tradizionali coppi alla fornace dei Mantovani consentirà di gustarsi ancora e del tutto gratuitamente le facili ironie di chi proprio non apprezza l'innaturale accostamento di "na scarpa e na zocola".