L’Alpe Giumello è una micro-stazione sciistica dell’alta Valsassina, con due piccoli impianti di risalita dal futuro alquanto incerto ma dotata di grande e peculiare bellezza paesaggistica. L’associazione di volontari che ne gestisce la valorizzazione turistica, le cui buone pratiche sono state segnalate e lodate da Legambiente sul report “Nevediversa 2024”, ha da poco inaugurato una pista per il tubing, attrazione meramente ludico-ricreativa che ben poco sa valorizzare una località montana. È un intervento tutto sommato accettabile oppure un errore che andava evitato?
Le cose banali finiscono per banalizzare pure ciò che hanno intorno, come dimostra ad esempo la “panchina gigante” dell’Alpe Chiaro, posta a una manciata di minuti a piedi dal Giumello. Inoltre, queste installazioni fanno sempre pensare a cose tipo – per dire – un biliardino piazzato dentro un museo ricco di capolavori artistici: lì ci si va per ammirare l’arte e educarsi alla bellezza o per giocare e schiamazzare?
Poste tali premesse, da subito sono comparsi sul web numerosi commenti critici verso l’installazione dell’Alpe Giumello e ben pochi favorevoli. Sono i «soliti ambientalisti che dicono sempre di no» i primi e quelli che «avranno da guadagnarci qualcosa» i secondi? Nel caso specifico è forse il caso di andare oltre queste prese di posizione tanto legittime quanto semplicistiche.
Ormai da tempo e da più parti si invoca e sostiene la necessità di un cambio dei paradigmi alla base della frequentazione turistica delle montagne, innanzi tutto dal punto di vista culturale e poi per ogni altro. I territori montani stanno cambiando, in primis per i motivi climatici e ambientali ben noti, così come stanno cambiando gli immaginari diffusi e la sensibilità generale verso l’ambiente - nonostante a volte verrebbe da pensare l’opposto, ma come sempre le buone pratiche fanno meno notizia di quelle becere. Quei paradigmi non si possono cambiare di colpo, anche se in molti casi sarebbe auspicabile farlo ma risulta per vari motivi impossibile: è necessario trovare dei compromessi che agevolino il cambiamento, la transizione verso frequentazioni turistiche meno impattanti e più consone ai luoghi e alla realtà in divenire.
Di nuovo, ogni risposta a questa domanda è legittima. Per tornare all’esempio del museo d’arte di prima, si può dire che può essere che su cento opere custodite di notevole fattura ce ne sia una di qualità sgradevole e irritante: bisognerebbe chiedersi per quali motivi il curatore della collezione l’abbia voluta mettere in mostra, a fronte di tutte le altre esposte. Tuttavia, basta andare oltre quella patacca, magari segnalare a chi di dovere la stonatura, e godersi al meglio e consapevolmente gli altri capolavori presenti.
Ma se attraverso quelle giostre si è in grado di attrarre visitatori e, dopo l’iniziale fruizione ludica del luogo, mostrare loro che la montagna è ben altra cosa, e che è ben più divertente e appagante perdere lo sguardo – ad esempio e per restare in zona – dalla vetta del Monte Croce di Muggio, sovrastante l’Alpe Giumello e facilmente raggiungibile, nei vastissimi orizzonti da lassù visibili, grazie ai quali pare di essere in volo su un aereo osservando il paesaggio sottostante a perdita d’occhio, invece di perdere tempo e forze a scivolare banalmente su un ciambellone gonfiabile lungo una pista di plastica, allora il compromesso prima citato si può anche considerare – seppur senza mettere da parte le osservazioni sopra rimarcate e manifestando molte perplessità al riguardo.
È tuttavia sperabile che l’Associazione che si è presa in carico la cura e la valorizzazione dell’Alpe Giumello sappia muoversi efficacemente in tal senso, ora e in futuro. Il luogo è di rara peculiarità e bellezza, come rimarcato, e merita che chiunque, residente o turista, ne abbia piena coscienza a prescindere dalla presenza del tubing e di altre amenità.
In ogni caso, per non prendersi un tale gran schiaffone in pieno volto basta stare a debita distanza da chi o cosa lo mena.