L’autore di queste e delle prossime righe è perplesso. Denunciare le magagne del sistema sanitario nazionale (l’autore si corregge: regionale) è da decenni diventato argomento da bar Sport e conversari in carenza di argomenti. Non che in materia di sanità i temi sui quali frequentemente ci si sofferma non risultino un poco stantii e di ormai inevitabile monotonia: “...sì però in America stanno messi peggio…”; “A un mio amico hanno amputato la gamba sbagliata”; “Il mio medico ormai pratica la telemedicina e fa le diagnosi via whatsapp.” Per questi ed altri motivi l’autore tentenna indeciso davanti alla tastiera cerca di resistere alla tentazione di aggregarsi alla turba infinita dei detrattori, diuturnamente impegnati a denunciare le storture della patria Sanità. Tuttavia, in un resipiscente impeto battagliero, l’autore si è deciso e scende in campo (si può ancora dire senza subire frizzi, lazzi e sberleffi?) confluendo in tal modo nel mainstream stigmatizzante le falle sanitarie nazionali.
Con particolare attenzione ai problemi del Grande - e - Modernissimo - Ospedale leucense, (da decenni gioia e dolori dei quasi sempre pazientissimi pazienti lecchesi). non per caso intitolato al massimo rappresentante, storicamente e universalmente riconosciuto, della letteratura italiana e dottissimo anche in materia sanitaria; di pestilenze in particolare. A questo punto l’autore riconosce la propria, ormai totale, incapacità di rinunciare ad esprimersi e pertanto prosegue in direzione della denuncia di un episodio di lecchesissima malasanità. Episodio che trova le premesse una ventina di giorni or sono quando una bimba (il nome non conta) rientra a casa da scuola con alcune macchioline rosse su una coscia e oggetto di insistente grattamento inteso a modo di “ripetuto passaggio delle unghie sulla cute, per contrastare il fastidio del prurito”. La mamma (anche in questo caso l’onomastica è ininfluente) non si preoccupa granché: “sarà qualche tipo di sfogo, una leggera infiammazione, una puntura di insetto”. Ripromettendosi di consultare un medico se il problema non dovesse risolversi da sé nel giro di qualche giorno. L’autore può testimoniare per oculos che non solo le macchioline non scompaiono ma, nel volgere di alcuni giorni, si estendono per mutarsi in un ampia area circolare dal bordo arrossato bidimensionalmente simile al coperchio di un vasetto di confettura.
È un sabato e l’ azione si svolge a Introbio. Il primo medico ad occuparsene è di turno alla guardia medica: la dottoressa esamina l’eruzione e prescrive una pomata antistaminica con l’invito a far esaminare la bimba a un dermatologo. Il che puntualmente avviene all’ospedale “Manzoni” la domenica successiva. La diagnosi riferisce di una “micosi”, un’infezione fungina, insomma. Segue la prescrizione di farmaco ad uso locale e periodo di osservazione di 7 - 10 giorni per un’eventuale nuovo controllo. Trascorre una settimana ma il “fungo” non desiste. Anzi sembra deciso ad estendere la propria area di influenza. All’autore corre l’obbligo, a questo punto, di sottolineare come siano trascorse due settimane dal primo approccio medico. Il tempo corre veloce e, come dice Musil “Il treno del tempo è un treno che spinge davanti a sé le sue rotaie”. Anche il fungo che ha aggredito la bimba sembra deciso a comportarsi similmente. Talché madre e figlioletta tornano al Grande - Ospedale - Alessandro - Manzoni, struttura sanitaria d’eccellenza, quant’altre mai, della medicina lombarda. Questa volta l’intervento sanitario è più efficiente e si concretizza in un prelievo tissutale da sottoporre a coscienziosa analisi nell’intento di attribuire un’identità al micotico aggressore. Bene, pensano madre e bimba, fra qualche giorno sapremo e agiremo di conseguenza. È il 22 aprile dell’anno del Signore 2022. All’autore non piace fornire informazioni deludenti ma la realtà dei fatti lo impone. “Avremo i risultati il prossimo 6 giugno” spiega il medico del Grande - Presidio - Sanitario - Alessandro - Manzoni.
Aggiungendo però subito dopo: “Ma può darsi che siano pronti fra un paio di settimane”. Dubbio amletico o cartesianamente metodico? Può ben darsi che beute e matracci, provette e becker, bunsen e vetrini laboratoriali siano costipati di campioni da analizzare. L’autore confessa a questo proposito la sua totale ignoranza. Ma, elogio dell’incertezza a parte, ciò significa che “il treno del tempo”, quello che corre sui pubblici binari, dovrà probabilmente sferragliare ansimando per altri 45 giorni, in attesa di un responso forse (l’avverbio di dubbio s’impone) risolutivo. L’autore intende qui orientare l’attenzione del lettore non sulle interminabili e insopportabili liste di attesa di coloro i quali devono sottoporsi a un esame clinico bensì sui tempi geologici necessari per ottenere il mero esito di un esame già realizzato. Intanto, nel presente caso, il fungo silenziosamente ringrazia e se ne sta lì in attesa, appiccicato come nastro adesivo alla delicata epidermide infantile. Pruriginoso, rotondo e rosso. Rosso, informa l’autore, come il volto della madre che a questo punto non può più trattenere la propria delusione ed eleva una vibrata e altisonante protesta (priva però di esiti soddisfacenti) nei confronti del sistema sanitario lombardo la cui eccellenza, efficacia e tempestività sono a tutti note.
Riferisce anche, l’autore, che il problema è stato risolto (permanendo la metafora ferroviaria) grazie al ricorso ad una privatissima e costosa linea TAV in virtù della quale, dopo un ulteriore prelievo di tessuto dalla gamba della ormai rassegnata bimba, il sospirato esito delle analisi istologiche si prevede possa essere comunicato in una decina di giorni e prodotto dunque con un anticipo di 34 giorni, il 2 maggio prossimo venturo. L’autore è perfettamente cosciente che, a proposito del confronto pubblico - privato in materia di sanità, si potrebbero vergare altre migliaia di righe e fornire infiniti esempi di un sistema che spinge con forza inesorabile il cittadino verso il secondo corno binomiale. L’autore ritiene però ormai giunto al capolinea il treno di questa narrazione e depone la penna (tastiera) in attesa di altri, significativi eventi che certamente si verificheranno, non solo in ambito sanitario, in un futuro più o meno prossimo.
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