Giovedì sera il consiglio comunale di Introbio, di cui faccio parte nel gruppo di maggioranza, con il voto contrario della minoranza ha sostanzialmente posto la parola fine alla trentennale vicenda del più famoso "capannone abusivo" della Valle.
Ora, si potrebbe tornare indietro nel tempo e ricordare il blitz con cui venne costruito, chi erano (e dove erano) gli amministratori dell'epoca, chi furono le imprese che contribuirono alla sua costruzione avvenuta nel giro di poche ore.
Si potrebbero anche ricordare le decine e decine di migliaia di euro che i contribuenti introbiesi hanno sborsato tramite le casse del Comune per affrontare le varie fasi della causa.
E, infine, sommare tutte le giornate di lavoro spese dalle varie amministrazioni che si sono succedute in questi lustri per cercare di venire a capo della vicenda.
Si potrebbe, ma se veniste a Villa Migliavacca vi rendereste conto del numero di faldoni che dovrebbero essere consultati per comprendere tutto l'iter: per cui fidatevi se vi dico che sono molti e "pesanti" e che forse è meglio guardare avanti piuttosto che rivangare inutilmente il passato.
Però è giusto fare chiarezza su alcuni aspetti, così, tanto per evitare che le solite chiacchiere da bar prevalgano sulla realtà.
Come noto ai più, il capannone, in forza di sentenze giudiziarie, è divenuto da anni di proprietà comunale e doveva essere abbattuto.
Senonché i numerosi ricorsi hanno "consigliato" le diverse amministrazioni succedutesi a procrastinare nel tempo la demolizione (i cui costi, in ogni caso, sarebbero stati a carico dell'ente pubblico cioè, in soldoni, le nostre tasche).
A proposito: sapete quanto sarebbe costato abbatterlo?
Agli atti - per buona memoria di tutti, nessuno escluso - risulta un preventivo redatto nel 2002 (!) per un importo di 145.000 euro (centoquarantacinquemila euro!).
E magari siete curiosi di sapere cosa significhi questa cifra rivalutata ad oggi stando alle tabelle Istat?
Ben 218.000 euro (duecentodiciottomila euro).
Sì, avete letto bene: 218.000 euro sono i 145.000 del 2002 stimati per l'abbattimento e lo smaltimento di quel capannone.
Tornando a tempi più recenti, l'ultima pronuncia a favore del comune di Introbio, tanto perchè lo si sappia, risale all'autunno scorso, quindi, in sostanza, l'altro ieri.
Ma cosa è sucesso in questi ultimi mesi?
E' successo che il Sindaco, in accordo con il suo gruppo, ha pensato di fare un passo in avanti rispetto alla demolizione e si è chiesto - mettendo in pratica la diligenza del buon padre di famiglia - se il capannone della discordia anzichè essere demolito (sopportando i costi che abbiamo visto), non potesse essere utilizzato a vantaggio dell'intera comunità.
Così ha verificato la fattibilità, raccolto alcune istanze provenienti, ad esempio, dall'Ersaf (ente regionale che gestisce le foreste), e si è presentato davanti al Procuratore della Repubblica di Milano per sottoporgli la sua proposta.
Al giudice, evidentemente uso al buon senso che talvolta purtroppo vediamo assente in certi magistrati, l'idea deve essere piaciuta, tanto che ha dato il benestare all'operazione.
Dopodichè ci sono stati proficui contatti con la controparte ed ulteriori approfondite verifiche che hanno portato, come ricordato in apertura, al voto in consiglio, propedeutico all'avvio di una mediazione con la controparte stessa per verificare e risolvere alcune situazioni relative, ad esempio, al diritto di passaggio.
Il voto contrario della minoranza consigliare, sopra richiamato, è stato espresso motivandolo con il fatto che l'amministrazione non è in grado di quantificare i costi a cui il Comune andrà incontro per eventualmente sistemare il fabbricato.
Una posizione del tutto legittima, sia chiaro, peccato abbiano tralasciato che l'alternativa sarebbe stato l'abbattimento e che, di conseguenza, il Comune avrebbe dovuto sborsare (stando a quanto risulta agli atti) un paio di centinaia di migliaia di euro che, sommati a quanto speso per avvocati e varie ed eventuali avrebbe portato la cifra complessiva gettata al vento a più o meno 350.000 euro.
Morale: l'altra sera ci aspettavamo ben altro, e cioè che tutti fossimo contenti (non per noi ma per il Comune ed i suoi cittadini) che finalmente ed in modo costruttivo e utile venisse messo il punto ad una trentennale diatriba costata lo sperpero di un sacco di soldi: insomma, se non un applauso liberatorio (rivolto anche a tutti gli amministratori che in passato ci avevano avuto a che fare) quantomeno un segnale di soddisfazione e di condivisione di un momento "storico" (fra virgolette!) per il nostro paese.
Il fatto che ora, almeno in parte, quanto buttato al vento in avvocati si sia tradotto in un immobile di proprietà (seppure da manutenere) ritengo sia un bel traguardo.
Visto poi che quell'immobile (che non può essere ne affittato ne venduto essendo il "residuo" di un abuso) viene destinato ad un uso pubblico (altro non può essere) allora credo che tutti, ma veramente tutti, dovremmo esserne felici e soddisfatti.
Senza tornare a raccontare e rimestare la storia di come e quando venne costruito, di chi erano e dove erano gli amministratori dell'epoca e chi fossero le ditte che a tempo di record lo misero in piedi.