C'è un evento di fronte al quale tutti, ma credo proprio tutti noi nati in queste contrade, siamo in qualche modo costretti a tornare bambini.
Quei bambini che assistevano alla "costruzione", su un prato, su un piazzale, in qualche caso addirittura in mezzo ad un torrente, di quella misteriosa pira che poi sarebbe diventata incandescente ed esplosa in un falò, lasciandoci a bocca aperta a guardare le fiamme avvolgerla, il rogo salire verso l'alto e la cenere sfarfallare nel buio disegnando improbabili traiettorie per poi soccombere alla forza di gravità tornando a terra e posandosi su teste e vestiti.
In quanto bambini non c'era in noi, all'epoca, la consapevolezza del rito, la coscienza di cosa quel fuoco potesse significare: era solo un modo per celebrare una festa di paese o di chiesa, una luce viva e pulsante attorno alla quale il popolo poteva radunarsi semplicemente a guardare oppure, come capitava e capita, esprimere i propri desideri. O pregare.
Il falò, poi ce lo hanno insegnato e lo abbiamo imparato, era invece un mezzo per bruciare il passato, lasciarselo alle spalle ed avventurarsi nel futuro "purificati" , in un rituale magico che si tramanda dai primordi dell'umanità quando il fuoco - assieme all'acqua e all'aria - fu la prerogativa della vita.
Uno dei falò più famosi della nostra Valle è certamente quello che si accende a Casargo la vigilia di Natale, dietro il quale opera un gruppo specialissimo, quello dei "Ragazzi del Falò".
"Come ormai ogni anno - ci "illumina" il Davide Rusconi, che ai RDF ha dedicato anche un volumetto a fumetti - e da ultracentenaria tradizione, il falò della vigilia di Natale è tornato a splendere, a bruciare grazie al fantastico gruppo dei Ragazzi del Falò. Ad oggi siamo una quarantina con età dagli unidic ai cinquant'anni, tutti vogliosi di portare avanti la tradizione. Un gruppo dove ognuno ha il suo ruolo: i più piccoli sono incaricati di recuperare i rami e le ginestre, i più grandi a tagliare le forche e i palchetti, vale a dire tre piante di castano incastellate e i ripiani in mezzo per mantenere salda la struttura".
Già, perchè. anche se si dà per scontato che tutti lo sappiano, è sempre bene sottolineare che un falò è un'opera di ingegneria e architettura "fai da te" mica da ridere e deve essere costruito in modo che non cada su sé stesso consentendo al fuoco di avvolgerlo interamente per garantire lo spettacolo ed il compimento del rito.
"Gli elementi principali di questo gruppo - spiega Davide - sono l'amicizia, la passione e la volontà di preservare una tradizione secolare, e devo ringraziare tanto i "miei ragazzi", il paese, l'amministrazione e le associazioni per tutto quello che fanno: uniti si vince sempre e si può fare davvero tanto".
"Quando vediamo la fiamma partire dopo aver dato il "fooga" ("dai fuoco" per i meno valsassinesi, n.d.r.) è emozionante vedere gli occhi di tutti riempirsi di gioia, felicità e stupore. E questo ci fa capire che dobbiamo andare avanti e non fermarci".
Ma il falò, essendo dotato sin dall'alba dell'uomo di poteri soprannaturali, è in grado anche di lanciare messaggi premonitori.
"Quest'anno - dice il Davide - è stato veramente un bel falò e ne siamo orgogliosi. E' bruciato benissimo e, come ci si tramanda da secoli, quando la cima brucia bene significa che l'anno che verrà sarà positivo".
Lo auguriamo di cuore: a lui, ai Ragazzi del Falò, e a tutti noi.