Alle mie spalle, il mare sonnecchia in attesa di domani. Il caldo si deposita ovunque come polvere o neve. Anche stasera la balera è pronta per accogliere chiunque voglia esibirsi in danze più o meno bizzarre. Quasi tutti agitano nervosamente un bicchiere o divorano pizzette di qualità non indimenticabile. Quasi in silenzio. L’atmosfera è ovattata come prima dell’inizio di una messa o di un funerale. Ognuno attende che qualcun altro rompa il ghiaccio e si getti sulla pista, scevro da qualsivoglia timidezza per farsi poi cullare dalla musica.
Poco prima di essere trascinato anch’io al centro della pista, si diffonde nell’aria una canzonetta di Pupo del 1979. Tutti coloro, non più giovani adulti come il sottoscritto, ne conoscono a memoria le parole. Alla mia sinistra, una signora non riesce a contenersi. Accompagna la canzone con gioia infantile e danza sulla sedia e sorride e batte le mani a tempo. Ad occhi chiusi. Sta tornando indietro nel tempo, inebriandosi. Si rivede magari ragazza, con troppi sogni nel cuore. E mi viene naturale chiedermi se sia riuscita a raggiungerne anche soltanto uno. Il più importante.
La guardo. Avrà circa 55 anni. Ne dimostra 10 di più. Sfoggia con elegante naturalezza i suoi 100 kg. La freschezza dei 20 anni non c’è più da troppo tempo. I suoi seni, un tempo fonte di gioia e di vita, sono stati sconfitti dalla forza di gravità in maniera davvero grottesca e inesorabile. Indossa un tristissimo vestito nero XXXXL. Ma sorride. Una luce le attraversa il sorriso e la rende bellissima. Canta e accompagna la musica con innata femminilità.
“E così, te ne vai
Forse mi mancherai
Non si può stare soli
Amo te, niente più”
Lalala lalalà pam pim pam pim
Papara parapa bin bin bom bom….
Al centro della pista una coppia apre le danze. Il tipo dall’aria simpatica, che si agita in maniera abbastanza ridicola con la sua giovane accompagnatrice, è appena uscito di galera. Mi si dice. Sfruttamento della prostituzione. 5 anni di soggiorno obbligato nelle patrie galere.
Eppure, mi si dice, era sposato a una dottoressa. Figlia di un usuraio. E ha persino dei figli, mi si dice. Però qualcosa dev’essere successo per fare determinate scelte.
È poi la volta del barbiere. Alto, magro, ultra settantenne. Lavora ancora. Ricorda per movenze e aspetto un becchino dall’aria dignitosa. Giunge anche un signore che vedo spesso. È più vicino ai 75 che ai 65, pallido come un morto, ma morto da anni. Ama tingersi i capelli con un improbabile marrone, simile al lucido da scarpe. La sua signora ne subisce, apparentemente volentieri, le velleità da ballerino. E poi c’è lei: una magnifica signora bionda, sola, in evidente sovrappeso, non bella. Non sensuale. Non sorride. Sta al centro della pista e balla da sola. Un mare di capelli biondi sulle spalle e le scarpe da tennis. Ripete ossessivamente i soliti due passetti. E canta anche lei insieme a tutti noi la canzonetta di Pupo.
“E non c’è più la luna che ci guarda
L’avevi detto tu che è un po’ bugiarda
Il vento che portava il tuo sapore
La voglia matta di ricominciare”
Lalala lalalà pam pim pam pim
Papara parapa bin bin bom bom….
E mentre i miei pensieri non mi abbandonano mai e non hanno nessuna voglia di fischiettare con me, alle mie spalle il mare pare agitarsi d’improvviso. Mi accorgo che la mezzanotte è arrivata di soppiatto. Il cantante di turno continua incurante a stonare qualunque motivetto. La gente beve e suda e raramente sorride. Il mio amico si è addormentato sulla sedia. Finisco la birretta, saluto qualche conoscente e mi dirigo verso la mia Skoda TD del 2007. Domani è un altro giorno. Chissà se i miei pensieri mi regaleranno, finalmente, una tregua. Lo scoprirò solo vivendo. Tutto il resto è noia.