È difficile contestare anche un solo punto dell’intervento di Riccardo Benedetti. Impossibile non sottoscriverne il senso complessivo. L’uscita dall’emergenza covid, nella quale agiscono molti e molto diversi attori, dipende in gran parte da noi. Proprio da ciascuno di noi. Certo il ruolo delle istituzioni è importantissimo per la maggiore o minore incisività dei provvedimenti che vengono assunti in vista della riduzione del rischio epidemico e della somministrazione sempre più estesa e massiccia dei vaccini. Oggi tutti sappiamo che significano Rt, carica virale, percentuale di efficacia del vaccino e così via. Ma sappiamo anche che la vaccinazione “di massa” è un traguardo fondamentale pur se non vicinissimo.
La soluzione del problema pandemia non risiede, se non in parte, nelle riaperture totali o a scartamento ridotto di teatri, palestre, stadi, scuole ed esercizi pubblici, calibrate sulla base dei vari indici epidemiologici di riferimento. Anche perché, come spiega Riccardo, ci muoviamo da sempre costretti e ristretti fra “logiche di mercato che trascendono le volontà, le buone intenzioni e la solidarietà”. Non è facile scegliere fra le esigenze della salute e le necessità del lavoro. Taranto e ArcelorMittal insegnano. La realtà è complessa e si manifesta in forme diverse, come forme diverse assumono le proteste fra bauli neri in piazza a Roma e la catena umana degli slip a Chiaia (Napoli) contro la zona rossa; fra sit-in e scontri tra dimostranti e polizia con il sostegno di un manipolo di professionisti dello scontro fisico.
Le espressioni del problema più urgente, oggi, quello delle vaccinazioni, serpeggiano spesso scompostamente fra tendenze “no vax”, speranze “sì vax” e mugugni “forse vax ma non sono sicuro”. Certo i vaccini, come del resto ogni farmaco dotato di qualche efficacia, comportano tassi di rischio più o meno rilevanti, controindicazioni anche significative, effetti collaterali a volte gravi. Ma si tratta di probabilità infinitesimali dell’ordine di 1 a 1 milione. Più o meno.
Sì, ci sono stati casi, qualcuno anche mortale, di trombosi cerebrale correlati alla somministrazione di alcuni vaccini: Ma correlazione non significa rapporto di causa ed effetto. Significa solo concomitanza cronologica. Una Tac, una Risonanza magnetica nucleare, un’angiografia sono imparagonabilmente più rischiose di una dose di AstraZeneca o Pfizer o Johnson&Johnson E il virus che provoca la patologia chiamata Covid 19 è immensamente più pericoloso del vaccino. Ma la vulgata no vax è potente perché “l’infodemia” si diffonde in rete in un caos primigenio di informazioni incontrollate e difficilmente controllabili, raramente sottoponibili a un’adeguata lettura critica.
Ma perché rischiare la vita viaggiando per diporto o turismo su un'autovettura con rischio altissimo (rispetto ai vaccini) di gravi effetti collaterali e spesso mortali; un veicolo certamente prodotto in un quadro globalizzato di diffuse pressioni politiche ed evidentissimi interessi economici? Ma Big pharma non dorme mai, è sempre in agguato? Sostituite al termine "autovettura", a piacere, "nave", “bicicletta”, motocicletta", "aeroplano", "treno", "monopattino", "attraversare la strada", "scendere o salire le scale"… Attività certamente molto pericolose che tuttavia esercitiamo spensieratamente e quotidianamente nel corso della nostra esistenza.
Tutto si mescola nel calderone maleodorante del complottismo acefalo, del pressapochismo da bar sport. Il vaccino ha una funzione fondamentale: salvare la nostra vita e quella degli altri. La vaccinazione comporta un tasso di rischio infinitamente meno elevato di tre ore di autostrada o di una passeggiata lungo un sentiero di montagna. Con buona pace di no covid e no vax. Vaccinare necesse est.