Le considerazioni di Enrico Baroncelli a proposito della tragedia del Mottarone, appaiono precise sul piano storico e condivisibili in linea generale e indicano con decisione l'importanza della figura paterna nella crescita dei figli. Un solo appunto, ma non marginale: non avrei inserito Abramo fra i padri di cui abbiamo bisogno. L'angelo, su incarico della divinità, gli ha fermato il braccio armato di coltello appena in tempo. Altrimenti il patriarca avrebbe sgozzato il figlio Isacco senza alcuna indecisione. Amit, al contrario, ha salvato il figlioletto sacrificando sé stesso. Esattamente l’opposto di quanto stava per fare Abramo. Infatti i versetti della Genesi riguardanti la vicenda mostrano come il patriarca non abbia esitato ad obbedire al dettato divino e venne fermato solo dall’intervento angelico. http://www.laparola.net/wiki.php?riferimento=Genesi+22%2C1-18&formato_rif=vp
Secondo l’esegesi ebraica, infatti, la lama sacrificale aveva già inciso la gola di Isacco. Per questo gli angeli tasportarono in giovane in Eden (il “paradisus voluptatis” della vulgata gerolimina) dove guarì. In realtà l’episodio narrato nella Genesi è estremamente significativo sul piano antropologico poiché costituisce anche indicazione esplicita della transizione sociale e culturale dai sacrifici umani a quelli animali. Infatti l’intervento divino sostituisce a Isacco un caprone che Abramo uccide al posto del figlio. È forse il caso di ricordare come un episodio del tutto simile sia narrato da Euripide della tragedia “Ifigenia in Tauride” (V sec. a. C.). Anche qui la giovane principessa figlia di Agamennone sta per essere sacrificata dal padre ma la divinità olimpica Artemide sostituisce alla giovane un cervo che viene in tal modo sacrificato al posto della ragazza.
In epoca proto arcaica in tutto il bacino del Mediterraneo era costume abbastanza frequente, in caso di eventi che potevano mettere in pericolo il gruppo sociale -guerre, carestie, inondazioni, terremoti e altro- sacrificare pubblicamente (in senso stretto “teatralizzando” l’evento), una vita umana, in genere un neonato o uno straniero. Comunque un innocente. Infatti la vittima sacrificale non deve portare colpe, altrimenti non si tratterebbe di sacrificio ma dell’esercizio di qualche forma di giustizia. In tal modo le tensioni si placavano e tutto rientrava nella normalità. Dell’origine “teatrale del sacrificio e di ogni rappresentazione liturgica, potremo forse parlare in futuro. L’origine del rito sacrificale e le sue implicazioni sono efficacemente spiegati dall’antropologo e filosofo René Girard nel suo saggio più famoso “La violenza e il sacro” in cui si trattano argomenti sotto questo aspetto decisivi, fra i quali la violenza unanime e il capro espiatorio, elementi dai quali, secondo Girard, avrebbero origine e fondamento la “cultura” umana e, più in generale, le istituzioni. L’uomo “moderno” e la società di cui fa parte, in altri termini, traggono origine da un primordiale omicidio. Ovviamente le considerazioni contenute nel saggio girardiano sono molto più complesse e profonde di quanto sia possibile riportare in queste poche note. Anche per queste ragioni, insomma, accostare Abramo al padre del piccolo Eitan appare, forse, eccessivamente sbrigativo.