Puntuali e circostanziati come sempre, gli interventi di Riccardo Benedetti ed Enrico Baroncelli sul turismo in valle hanno ben collocato il dito della critica sulla piaga del “non fatto” e del “troppo detto”. Consuetudine, questa, tipica di una onnidiffusa classe politica, non solo locale, impegnata a gestire la cosa pubblica con supponente arroganza e sostanziale assenza di idee.
Certo, ormai da decenni Milano è andata ben oltre l’ambito della città metropolitana per assumere estensione e contorni della Città Regionale di cui scrive Baroncelli. Altrettanto certamente le strutture di accoglienza valsassinesi non sono in grado di accogliere i flussi turistici neppure in circostanze normali. Men che meno oggi che l’ondata epidemica spinge verso l’aria pulita dei nostri monti migliaia di cittadini.
La foto di apertura scattata ieri mattina alle 9.40 ai piedi della Grigna settentrionale racconta di una situazione insostenibile: a quell’ora erano circa 200 i camminatori in marcia verso la vetta o una meta intermedia. Si tratta ovviamente di un anticipo credibile di quanto prevedibilmente accadrà anche oggi non solo sul versante est del Grignone ma lungo gli itinerari escursionistici dell’intera valle. E almeno metà degli escursionisti si saranno certamente fermati per rifocillarsi negli unici due rifugi presenti lungo il percorso.
Domenica scorsa in val Varrone abbiamo contato 84 persone procedere verso il rifugio Casera Vecchia. Chi ritiene che le cose siano andate diversamente in val Biandino o ai piani di Bobbio, alzi la mano. E oggi si replica. Con buona pace delle sacrosante misure anti covid adottate da governo e regioni. Le gride inascoltate di manzoniana memoria oggi si riassumono in un acronimo: D.P.C.M.
Ma chiedere a gran voce interventi e progetti in grado di sostenere lo sviluppo della vocazione turistica della valle ha un senso “forte” se ci si chiede anche di quale turismo stiamo parlando e se si ammette che ormai da decenni i soggiorni in valle sono confinati in una sorta di mordi e fuggi, dovuto, anche se non soprattutto, alla vicinanza delle grandi strutture urbane. Se si escludono le eccezioni legate al periodo agostano, natalizio e pasquale, il flusso turistico valsassinese si concentra soprattutto nei fine settimana. E in caso di assenza di neve, neppure quello.
Non possiamo guardare a Cortina o al Sestriere per disegnare un modello di accoglienza che non potrà mai rispondere alle possibilità reali della valle. Il più grande albergo ancora in funzione, l’hotel Ballestrin di Barzio, resta chiuso per gran parte dell’anno e dispone di appena 50 camere. Quanti sono i “condomini fantasma” costruiti negli Anni 60 che oggi versano in stato di animazione sospesa lungo tutto l’altopiano? Non c’è dubbio che sarebbe auspicabile una più capillare diffusione dei B&B per rispondere con modalità più flessibili alle necessità di un turismo non più “stanziale”. Il fatto è che il turismo, questo turismo, è sempre più condizionato dai mutamenti climatici, per definizione non orientabili, e da esigenze sempre più spesso contingenti legate a circostanze quasi mai prevedibili. Come la pandemia, appunto. La pur necessaria programmazione, come tutte le programmazioni, conosce limiti inevitabili.
È vero: la “eccessiva frammentazione amministrativa” ha le sue responsabilità come ne ha la “mancata programmazione generale degli interventi”. Ma occorre preliminarmente individuare il target verso il quale indirizzare la necessaria progettualità. Ben venga il “potenziamento delle biblioteche e dei pochi musei esistenti”. Più difficile, a mio avviso, il contingentamento del traffico privato verso la valle. Come praticare nei fatti il “numero chiuso” per le automobili dei non residenti? Lo sviluppo del trasporto pubblico locale non può essere sufficiente se non in un’ottica, appunto, di “Città Regionale”. Ma allora il coinvolgimento della struttura politico amministrativa con sede a Palazzo Lombardia e del Comune di Lecco diventa inevitabile.
Un’ultima osservazione. Ricordate il progetto ventilato qualche anno fa, di una mega struttura commerciale e di terziario da realizzare sui piani di Pasturo e collegata a una nuova funivia per i Piani di Bobbio? Anche in quel caso si invocava a gran voce la necessità di supportare con interventi adeguati lo sviluppo del turismo in valle. Tutto è (fortunatamente) tornato nel silenzio. Mentre nei prati, lungo i sentieri prealpini e ai bordi della pista ciclabile spuntano come funghi lattine di birra, bottiglie di plastica, mascherine chirurgiche e altre piacevolezze residuali dei nostri pandemici e sfortunati week-end.
Elio Spada